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De Giovanni: “Il ritorno di Sarri? Il calcio di Spalletti oscura tutti”

Lo scrittore anticipa la partitissima del Maradona contro la Lazio: “Questo Napoli è l’evoluzione del passato”

NAPOLI - Il capriccio degli dei. Raccontata da Atene, con vista sul Partenone, la sfida tra Spalletti e Sarri potrebbe anche essere letta così: calcio divino. Miti ed eroi. «Il mio titolo è: il futuro contro il passato». E sia, Maurizio De Giovanni. Autore da scudetto e Champions tanto quanto il Napoli. E poi un tifoso e un sognatore: e quella di domani sarà la partita tra due squadre che lo hanno fatto sognare e innamorare in epoche diverse. «Assolutamente». E poi l'incrocio tra due allenatori che definisce così: «Maestri di calcio». Niente male. «La questione è la seguente: io divido i tecnici i due categorie: i gestori di campioni come Ancelotti, Mourinho, Conte e Allegri e poi i maestri come Spalletti e Sarri». Che in Grecia, dove lo scrittore napoletano si trova per questioni di lavori, potrebbero anche assumere spoglie divine. «Cioè?».

Le spiego, facciamo finta che la partita si giocherà sull’Olimpo e non al Maradona: a chi associa i due signori allenatori?
«Marte e Apollo. Marte, che per i greci sarebbe Ares, è il dio della guerra e lo paragono a Spalletti perché punta di più alla vittoria. Sarri, invece, ad Apollo: la bellezza pura».

Nostalgia del Sarrismo?
«No, non è questo. Anzi...».

Anzi?
«Il Napoli di oggi ha oscurato tutti gli altri Napoli, compreso quello di Sarri: per il livello del calcio espresso è una squadra quasi perfetta. È difficile non esaltarsi e anche solo accostarlo ad altri della storia».

È nato il Lucianesimo?
«(ride) Sì. Il fatto è che Spalletti è il simbolo di questa era, di questa squadra, tanto quanto Sarri lo è stato della sua. Di quel gruppo che nel 2018 ha quasi vinto lo scudetto».

Gioia e dolore. Però questa volta sembra una marcia trionfale.
«È colpa di Sarri, tra virgolette, se non festeggiamo ancora e attendiamo l’aritmetica: il gol di Koulibaly a Torino con la Juve creò la più cocente delle illusioni-delusioni».

Fa ancora male, eh?
«Dopo quella notte magica pensammo di avercela fatta e invece è rimasto il Napoli della Grande Bellezza che non è riuscito a vincere».

Più bello stilisticamente il Napoli di Sarri o quello di Spalletti?
«Quello di Maurizio era di una bellezza straordinaria. Era un’orchestra. Quello attuale, invece, verticalizza di più ed è molto più concreto e finalizzato alla vittoria. Al gol. E poi ha contenuti tecnici maggiori e profondità di rosa: 15-18 giocatori contro i 12-13 dell'epoca».

In un solo concetto?
«Quello attuale è l’evoluzione e la maturazione dell’altro. Ma senza quello di Sarri, questo sarebbe esistito: Spalletti ha portato avanti meravigliosamente il Napoli di allora».

Ma i giocatori sono cambiati e tante storie sono state scritte. Anche da altri allenatori.
«Sì, ma sono rimasti il tessuto e la mentalità creati dalla società. Il grande merito di De Laurentiis è questo: aver costruito il Progetto sulla mentalità vincente».

Mixiamo il Napoli di Spalletti che vola verso lo scudetto e quello di Sarri che lo ha sfiorato nella stagione 2017-2018.
«Facilissimo: quelli di oggi sono quasi tutti superiori. Ne confermo dieci e cambio soltanto Zielinski con Hamsik».

In panchina chi mette: quale toscano sceglie?
«Spalletti: ha un incredibile senso della gestione degli uomini. Straordinario. E non sottovaluterei i 5 cambi: rappresentano una rivoluzione decisiva».

A proposito di Marek, ha tagliato la cresta: è davvero la fine di un’epoca.
«Sì, ma resta il simbolo di quella squadra».

Chi è il simbolo di oggi?
«Di Lorenzo: giocatore di estremo valore ma comunque operaio».

Ancora confronti: Osimhem o Mertens?
«Scelgo Osimhen. Dries è stato un meraviglioso calciatore ma non un centravanti, secondo me, a dispetto dei tantissimi gol che lo hanno portato al record».

Kvaratskhelia o Insigne?
«Due giocatori diversi. Quando Kvara avrà segnato la storia del club sarà bellissimo riconoscerglielo, ma voglio ricordare che Lorenzo è il secondo cannoniere di sempre del Napoli e insieme con Callejon ha creato una giocata unica in Italia».

Kim o Koulibaly?
«Kalidou era più bello da vedere, ma la concretezza di Kim è assoluta. Mai vista: non lo cambio con Koulibaly né con qualunque altro difensore».

Quanto manca alla festa scudetto secondo i suoi calcoli?
«Vedo singhiozzare paurosamente le inseguitrici, il Napoli ha demoralizzato tutti. Ma ripeto: non voglio parlare finché non mi autorizza la matematica».

Avrebbe voluto più vincere quello scudetto con Sarri, considerando la delusione che racconta, o le va bene così? Nel senso, quest’anno...
«Mi sta benissimo. Mi basta vincere, è una cosa meravigliosa. La conquista di quello scudetto divenne anche un fatto socioculturale: al Sarrismo, sbagliando, avevamo dato una connotazione politica e sociale. La rivoluzione e l’azzeramento di un potere consolidato. E oggi scopriamo che quel potere si basava su molte opacità inimmaginabili ai quei tempi».

Può nascere un ciclo?
«Certo. Il calcio è cambiato e il Napoli lo ha dimostrato: se anche dovesse andare via Osimhen, i tifosi hanno capito che con le idee si possono costruire grandi squadre».

Dove può arrivare la Lazio?
«Mi auguro in Champions: sono meridionalista e sono affezionato a Sarri. È un mio amico».

E Spalletti?
«Non lo conosco».

È il futuro, diceva, dando un titolo alla partita di domani.
«Il futuro contro il passato. Il modo di cancellare i fantasmi: non il Napoli di Sarri, sia chiaro, soltanto quell’epilogo. L’unico modo per riuscire nell’impresa e dimenticare è uno scudetto. E io lo sento vicino, vicino, vicino».

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