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Da Kvaratskhelia a Anguissa: Napoli, ecco i Fab Four della Champions

Osimhen, Kvara, Lobotka e Frank sono di nuovo nel cuore del gruppo, rigenerato in due settimane da Calzona: con loro al top la rincorsa alla zona Europa può continuare senza limiti 

Napoli - Come se fossero stati inghiottiti da una nube, erano spariti (almeno) in quattro: e c’è stato un tempo troppo lungo che Napoli si è chiesto dove fossero finiti Anguissa, Lobotka, Kvaratskhelia ed Osimhen e con loro quella favola. Come se il calcio gli fosse appartenuto solo lateralmente, pareva che con i Fab Four pure la melodia di quel football non potesse più ricreare la magia del passato, il rintocco del palleggio ritmato, le vibrazioni e le percussioni di una squadra assai rock: e quando ormai tutto sembrava irrimediabilmente perduto, rieccoli assieme, una splendida band, piena di ritmo e d’orgoglio personale, d’una fame di verità da sistemare sul palco. Francesco Calzona ha ricominciato partendo dal centro della musica - Stanislav Lobotka - gli ha offerto le chiavi del sorriso ed ha riprodotto, per quel che si può, il Napoli a sua immagine e somiglianza: «Perché questa squadra ha il gusto della bellezza in sé». L’ha ritruccata, l’ha vestita (anche) della affascinante eleganza di Anguissa, dalla languida spensieratezza dei dribbling di Kvaratskhelia, della disarmante voracità di Victor Osimhen e adesso c’è un motivo per vivere meglio e uno per sognare in Grande. 

Kvaratskhelia, l'artista scapigliato dei gol e delle volée

C’è un artista senza tempo, è moderno ed anche antico, che si aggira per i campi di calcio: si chiama Kvaravaggio, disegna parabole psichedeliche, trasmette felicità agli esteti e anche ai sognatori. Khvicha Kvaratskhelia non è mai seriamente sparito, forse per un po’ ha riposato o si è impigrito o peggio ancora si è intristito, in quella solitudine nella quale si è ritrovato, nella complessità di scorgere l’aria in fondo al tunnel: in fin dei conti, l’avevano un po’ abbandonato al proprio destino - una specie di uno contro tutti, sempre - poi è ricomparso Olivera (o Mario Rui), ha avuto un partner che lo liberasse dalle gabbie, ha potuto sventagliare il suo talento a campo aperto (come a Reggio Emilia), ci ha infilato tiriaggiro, volée marziane (sempre con il Sassuolo, da 50 metri, alta di un’unghia), si è messo a servire assist per il suo compare, Osimhen, o a fare tutto da sé, come con la Juventus. In media sta ancora un poco dietro la propria prima annata strepitosa, quella dello scudetto e anche dell’affermazione personale: MVP del campionato.

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