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Napoli, il decollo dei campioni ritrovati: così sono tornati protagonisti

Getty Images

Il gruppo storico s’è risvegliato all’U-Power tra contestazioni dei tifosi e discorsi dei leader. Domenica c’è il Frosinone in casa e gli azzurri vogliono fare il bis

NAPOLI - Il risveglio dei campioni con la primavera. In fortissimo e colpevole ritardo, basta leggere la classifica del campionato e quella dei rimpianti, ma per lo meno a Monza è andata in scena una giornata costruttiva e istruttiva allo stesso tempo, con uno straordinario show di calcio-flipper, gesti tecnici chic e atletici superlativi lungo 13 minuti. La vittoria per 4-2 in rimonta costruita in 780 secondi di sfogo compulsivo, ha ravvivato e riavviato la rincorsa alla zona Europa, che come dice Calzona guarda ancora al miraggio Champions fino a quando l’aritmetica non condannerà l’ultima briciola di speranza, e poi ha lasciato un insegnamento alla squadra: mai dimenticare chi sei. Una cosa che sa un po’ di sensei buddista, o di arti marziali per tenerci allo sport, ma soprattutto un principio che gli uomini di un meccanismo (quasi) perfetto e soprattutto vincente hanno dimostrato troppe volte in questa stagione balorda di aver dimenticato. Il Napoli ha dilapidato un patrimonio, s’è automortificato, ha perso nove volte in campionato finendo a distanze siderali dall’Inter e in Coppa Italia è uscito addirittura agli ottavi con l’umiliazione di un 4-0 subito al Maradona dal Frosinone. Guarda caso l’avversario che domenica arriverà nell’arena del Diego: forse un segnale, dopo il risveglio di Monza. In Champions se l’è giocata con il Barça fino agli ottavi, certo, ma poi tra notizie di mercato, valigie già pronte e passeggiate nel futuro è finita che il presente è stato congelato e sommerso. Un’altra dimenticanza, un altro vuoto di memoria: e la gente s’è incavolata. Però la contestazione di domenica, 45 minuti di sberleffi e schiaffi all’orgoglio, ha evidentemente sortito qualche effetto. Proprio come la strigliata - diciamo così - che nello spogliatoio dell’U-Power hanno firmato Di Lorenzo, il capitano; Anguissa, un riferimento del gruppo per tanti o tutti; e Calzona, l’allenatore che raramente alza la voce.  

Napoli, i leader ritrovati

Che il tecnico prenda i panni sporchi, li ribalti, li stenda al muro e li lavi assolutamente e strettamente in famiglia è una cosa normale nel calcio. Come nella vita. Ma dopo il primo tempo con il Monza, sotto di un gol nel punteggio e in genere con il morale sotto i tacchi per un rigore limpido negato e per aver sprecato almeno due chance super nonostante un eloquente 66% di possesso, sono venuti fuori i leader. E di conseguenza l’anima: è tornato il gruppo dello scudetto e anche il suo Napoli. La squadra è rientrata in campo prima degli avversari, gli occhi di Osimhen sono diventati come il fuoco e la storia è cambiata: i colleghi hanno parlato e lui ha contribuito alla resurrezione ruggendo in campo. Volando a dare il cinque al cielo sull’1-1, scrivendo un manuale del centravanti in tutte le azioni dei gol, trascinando come faceva uno scudetto fa.  E 15. Per la verità, Osi s’era dannato fino alla fine anche con l’Atalanta, la partita che ha seminato sconforto più delle altre per la prestazione e per l’incidenza di uno scontro diretto. Domenica, però, è accaduto qualcosa anche oltre Monza: il Cagliari ha tolto 2 punti al Napoli pareggiando al 96’ ma ne ha restituiti 3 nella rincorsa all’Europa battendo l’Atalanta. Che ora, in attesa del recupero con la Fiorentina, è sesta a +2 sugli azzurri, di nuovo settimi dopo la vittoria dei 13 minuti di (sana) follia e ritrovato ardore. Sette sono anche le giornate che mancano al tramonto del campionato e all’ultima missione prima dei saluti di tutti quelli che andranno: centrare l’Europa per il quindicesimo anno consecutivo dal 2010. Unico club italiano a indossare questa medaglia. Un vanto. Un vanto che non è solo una consolazione, da difendere meglio di quanto non sia accaduto con lo scudetto. 
 

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