La Cassazione ha scritto la parola fine sull’ammutinamento che il 5 novembre del 2019 spaccò lo spogliatoio del Napoli, condannando l’ex Hysaj (oggi alla Lazio) a pagare 40 mila euro di multa più le spese processuali. Ci sono voluti cinque anni e mezzo e tre gradi di giudizio per affermare - in via definitiva - che i calciatori non potevano disertare il ritiro disposto dalla società dopo il pareggio in Champions contro il Salisburgo; anche secondo i giudici della Suprema Corte, dunque, la decisione del club era legittima e tutt’altro che vessatoria. La società, assistita dall’avvocato Mattia Grassani, aveva promosso un’azione disciplinare in seguito al rifiuto dei calciatori di recarsi a Castel Volturno dopo il match; tornarono tornati tutti a casa, a differenza dello staff tecnico guidato da Ancelotti. Il Napoli sanzionò i ribelli, tra le contestazioni di diversi calciatori come Insigne e Mertens. In seguito alla decisione del Collegio Arbitrale (novembre 2021) quasi tutti scesero a patti con la società di De Laurentiis. Non il terzino albanese, che presentò prima un ricorso al Tribunale di Napoli e poi alla Cassazione. «Si tratta della prima decisione di Cassazione in materia e farà giurisprudenza - ha spiegato Grassani - i giudici di legittimità hanno confermato il corretto operato del Napoli e l’inadempimento dei calciatori».
I fatti
Il club, dopo i fatti, parlò subito di insubordinazione. Neppure la mediazione di Giuntoli e di Ancelotti placò l’ira dei giocatori che, «in persona del capitano Insigne - si leggeva nelle accuse - comunicavano l’indisponibilità dell’intera rosa a pernottare». Fecero molto scalpore le frasi irriguardose pronunciate da Allan nei confronti del vice presidente Edoardo De Laurentiis: il brasiliano fu condannato a pagare 170 mila euro di multa.