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Napoli, Conte alla rovescia: al Maradona la sfida scudetto contro il Cagliari

A decidere il campionato saranno gli ultimi novanta minuti: Antonio potrebbe diventare il primo meridionale a vincere con una squadra del Sud  

Antonio Conte cammina verso la sua auto dopo aver firmato maglie e scattato selfie con ognuno dei tifosi in attesa sul vialone del centro sportivo di Castel Volturno e poi, all’improvviso, accelera. E si mette a correre. E correndo dà il senso dell’ultimo scatto e il cinque con la mano sinistra a tutte le persone schierate in fila, elettriche come quando al Madison Square Garden va via un pugile che ha appena conquistato il mondiale. Gli occhi della tigre, in effetti, ricordano qualcuno. E anzi, se solo potesse, giocherebbe lui la partita contro il Cagliari che oggi potrebbe consegnare il quarto scudetto al Napoli e il suo Napoli alla storia: serve una vittoria per non dipendere dal risultato dell’Inter a Como - seconda a meno 1 -, ma i suoi dovranno cavarsela senza di lui. Già, il destino l’ha eliminato con una coltellata alle spalle: squalificato come Inzaghi. Via, in tribuna, lontano dall’unico posto che avrebbe meritato per tutto quello che è accaduto in una stagione estenuante e inafferrabile fino all’ultima giornata. E così, sarà cinquantamila più uno: il popolo del Maradona più Conte. Il ragazzo di Lecce che può compiere una piccola (immensa) impresa meridionale: il primo allenatore nato al Sud a vincere lo scudetto con una squadra del Sud. Non la migliore secondo le previsioni, di certo la più forte al traguardo. Anima, muscoli, cuore. E gli stessi occhi del suo allenatore.  

Napoli, Conte e lo scudetto 

Se 750 giorni dopo il 4 maggio 2023 dovesse arrivare il secondo scudetto in due anni solari e tre stagioni, il quarto dopo quelli dell’87 e del ’90 con Diego, non sarebbe un miracolo divino ma un capolavoro umano che farebbe impazzire la città dal vivo: oggi al Maradona non saranno le immagini da Udine, sarà l’odore del fuoco e delle fiamme dei corpi in campo. Per cominciare: un campionato fa la squadra h a chiuso decima a -41 dall’Inter, e nessuno ha mai vinto lo scudetto un anno dopo un decimo posto. E ancora: il Napoli di Conte potrebbe diventare il re del Centro-Sud per numero di scudetti e l’allenatore il primo a conquistarlo con tre squadre diverse dopo Juve (3) e Inter; nonché il primo a raggiungere quota 10 tra quelli vinti in campo (5) e in panchina.

Senza stelle 

Ma Conte, al Napoli, non ha avuto Maradona, Giordano, Careca, Carnevale, Alemao e neanche Osimhen e Kim. Ha avuto McTominay, Anguissa, Di Lorenzo, Rrahmani, Lobotka, Lukaku, Meret, un Buongiorno perseguitato dalla sfortuna, un Politano infinito e aveva Kvara, lui sì; ma a dicembre si è prima eclissato e a gennaio è andato via senza essere sostituito. Proprio nel momento in cui il gruppo cominciava a credere di potercela fare. Complessivamente, sono 22 su 37 le giornate trascorse in testa alla classifica. Nonostante il quinto attacco d’Italia con 57 gol: Conte rischia di vincere con il peggiore della storia in una Serie A a venti squadre (meno del Milan 2011 con 65 reti); ma alle lacune offensive endemiche ha risposto creando equilibrio zen e furore punk (27 reti subite, miglior difesa d’Italia e seconda d’Europa; 18 clean sheet, primato europeo).  

La firma 

Sembrano solo dati, però contengono la verità e il senso di un gruppo che non avrà regalato spettacolo schiacciando sassi e avversari, ma che di certo è stato spettacolare per tanti altri motivi: il cuore, dicevamo, e poi il cervello e la capacità di assorbire ogni urto e di reagire. Il Napoli di Conte è stato un boa, un predatore capace di ingoiare avversari più grandi di lui, ma anche l’esempio di quanto nello sport conti la squadra. Nell’accezione più intensa del concetto: se il Napoli è arrivato all’ultima giornata a un passo dallo scudetto, con un punto di vantaggio sull’Inter nonostante la cessione di Kvara e un’incredibile serie di infortuni cominciata a fine gennaio e mai finita, è perché tutti sono andati oltre i limiti. È già stata un’opera memorabile, ma ora bisogna firmare. Come ogni capolavoro merita. 

 

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