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Chivu esclusivo: "Inter, questo è il tuo tempo"

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Chivu esclusivo: "Inter, questo è il tuo tempo" ANSA
Cristian e la sua fuga dalla mediocrità: "Da giorni sento parlare di fallimento se dovesse perdere la finale con il Psg, è assurdo"

Quando distribuivano la puntualità Cristian Chivu aveva il numero 1 nella sala d’attesa. «In quattro anni in Olanda arrivai in ritardo una sola volta» ricorda «e di 5 minuti, ma fecero saltare l’appuntamento. Dovevo vedere un dirigente di banca che mi indicò subito la porta spiegando che gli avevo sconvolto una giornata interamente pianificata»

Dài, quello non stava bene. 

«Anche un tecnico mi fece fuori per un ritardo di tre minuti all’allenamento». 

Chi, scusa? 

«Jan Wouters. (Sorride) Potrai capire che nei quattro anni a Roma ho faticato non poco». 

Proprio in queste ore si parla di un tuo ritorno all’Ajax.  

«Non ho sentito nessuno. L’estate scorsa sì, invece. La società mi chiese di fare da secondo all’allenatore che stavano prendendo». 

Farioli? 

«No, quello che avevano scelto prima di lui. Fui anche invitato a collaborare con Farioli. Risposi che avrebbe dovuto chiedermelo lui». 

Non lo fece. 

«No». 

Per tua fortuna a metà febbraio è arrivata a sorpresa la chiamata di Cherubini, il Parma. 

«È stato bello e stressante». 

Ti sei chiesto perché, a salvezza quasi compromessa, avesse scelto proprio te, un debuttante assoluto? 

«Devi chiederlo a lui, forse perché sono ambizioso, esuberante, oppure perché ho lavorato a lungo con i giovani. Quando cambi ti assumi dei rischi, nessuno può garantire il risultato. Né un tecnico esperto, né uno giovane. A Parma mi sono sempre sentito parte di un progetto a lungo termine. Quantomeno mi hanno fatto credere che lo fossi e che l’eventuale retrocessione non avrebbe portato all’esonero». 

Sei qui da ventidue anni, parli un italiano perfetto e decisamente ricco. 

«Ho lasciato il mio Paese a diciotto anni per andare in Olanda, la maggior parte della vita l’ho trascorsa all’estero, ma mi sento totalmente romeno, orgogliosamente romeno. Sono un tipo attento a tutto... La Roma e l’Inter mi hanno cresciuto e migliorato anche come persona». 

Sei stato tra i protagonisti del Triplete nonostante l’incidente del gennaio 2010. 

«Ricordo la paura iniziale, soprattutto quella di non riuscire a riprendermi del tutto. L’incertezza derivava dal fatto che avevo perso la sensibilità del braccio sinistro. Avevo una sola figlia, in quel periodo, desideravo con tutto me stesso di poter essere un padre modello per lei. Una frattura alla testa non è uno scherzo. Mi impegnai al massimo per tornare quello di prima, il mio progetto. Mourinho attese fino all’ultimo per inserirmi nella lista Champions. Quando mi chiese se me la sentissi gli promisi che ce l’avrei fatta. A inizio marzo ero di nuovo in campo ad allenarmi. Rientrai a San Siro e segnai subito». 

E lui che disse? 

«Chirurgia top. La risolse con una battuta. Mourinho è una persona meravigliosa, ha sempre dato molta importanza al lato umano. Mi ha insegnato un sacco di cose. Lealtà e umanità sono i suoi tratti distintivi, oltre al fatto che è un vincente nato e assoluto». 

Motivazioni, ambizione, puntualità: potrei riassumerti con tre parole. 

«C’è anche dell’altro, spero, l’ideale sarebbe riuscire a mettere insieme motivazioni, tattica, strategia, sensibilità... Arrivato al Parma ho dedicato molto tempo tanto al singolo quanto al gruppo, cercando di convincere i ragazzi che per farcela avrebbero dovuto assumersi delle responsabilità individuali. Le ambizioni sono importanti, bisogna darsi un obiettivo per evitare la routine e fuggire dalla mediocrità. La routine porta al fallimento. All’Inter riuscimmo a vincere in qualsiasi condizione con la personalità, le conoscenze, la mentalità, la responsabilità». 

Due partite hanno caratterizzato il percorso verso la salvezza del Parma. Quelle con Inter e Juve. 

«Con l’Inter fummo bravi a reggere dopo essere andati sotto di due nel primo tempo. Ho giocato sempre in grandi squadre impegnate su più fronti e so che il pericolo è il calo d’attenzione. Quando subentra è difficile riprendersi. Segnato il gol del 2 a 1 ne abbiamo approfittato».  

E con la Juve? 

«Con la Juve è stato diverso. Sapevamo di dover giocare il lunedì sera, la morte del Papa impose il cambiamento dei programmi e cominciai a pensare alla partita con la Lazio del sabato. Due giorni dopo eravamo di nuovo in campo, non sapevo più come comportarmi. Feci un allenamento metabolico. Ritmi leggeri. Ci ritrovammo con due giocatori infortunati in dieci minuti, i sostituti fecero benissimo e conservammo il gol di vantaggio fino alla fine. Certo, quando nella ripresa entrarono Yildiz e Conceição pensai che non saremmo usciti con i tre punti». 

A Roma, nonostante un gruppo fortissimo, chiudesti con una coppa Italia. 

«Totti, Cassano, Montella, Samuel, Emerson, Panucci. Tre finali in tre anni e un solo trofeo. Buttammo lo scudetto tra Milan e Brescia, bruciando i sei punti di vantaggio». 

La finale più importante attende l’Inter dopodomani. 

«Ha fatto una grande stagione, c’è chi è pronto a considerarla fallimentare se perderà dal Psg. Lo trovo assurdo, l’Inter sia sul piano estetico, sia su quello dei risultati, è stata eccezionale, forse ha pagato l’ossessione del Triplete». 

Hai sentito cos’ha dichiarato Mourinho? 

«No, cosa?». 

«Sarò un po’ cattivo, ma molto onesto. Temevo davvero che l’Inter potesse fare il Triplete perché non volevo che ci riuscisse, il Triplete è mio. Ma adesso che hanno perso sia il campionato sia la coppa Italia devo ammettere che mi piacerebbe vederla alzare la coppa»

«È unico». 

Cinque minuti dopo la fine della nostra chiacchierata Cristian mi ha girato lo screenshot di una dichiarazione di Casadei: «Con Chivu dovevi rispettare gli orari, altrimenti non venivi convocato»

Il tempo è spesso puntuale nel farci capire tante cose in ritardo. 

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