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Memories Roma, «Solo tre tocchi per Liedholm»

Baldieri: «Gli bastarono quelli per scegliermi... poi la gaffe di Boniek e i dribbling a Ranieri»

ROMA - La carriera di Paolo Baldieri, ala classe '65, inizia alla Romulea in serie D ma prende quota e blasone grazie a Liedholm e alla Roma, con cui l'attaccante giocò, tra giovanili e prima squadra, dal 1981 al 1984 e, successivamente, nelle stagioni 1986/87 e 1989/90. In campo era un creativo, dribbling, velocità e fantasia, la stessa che oggi Baldieri mette "in campo" nella produzione artigianale di gelati, per l'attività commerciale a conduzione familiare aperta a Lecce, dove ha militato dal 1991 al 1995. Partiamo dalle origini, da una partitella tra rappresentative di squadre locali, insieme per impressionare il tecnico della Roma, lì in veste di scout: «Solo io venivo dalla Romulea, non conoscevo gli altri e non mi arrivava un pallone. Riuscì a toccare la sfera solo tre volte, ma ciò bastò al Barone, che mi convocò per il giorno dopo, tra le riserve. Giocai bene e feci subito gol. I giornali scrissero di quella partita, ma non vi trovai il mio nome, la Roma mi aveva ribattezzato per evitare di far aumentare la mia valutazione economica...».

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L'ESORDIO - Baldieri esordì con gol in Coppa Italia, contro l'Avellino, il 14 aprile 1983, mentre la prima volta in Serie A fu contro il Catania, il 6 maggio 1984: «La ricordo bene quella partita, non segnai, ma saltai ripetutamente un grande avversario, che mi urlò "A ragazzì, ma perché non te ne vai a giocà sull'altra fascia...?". Era Claudio Ranieri. Quello sfogo mi riempì d'orgoglio. Fu in quella stagione, 1983/84, che capii di  essere davvero un calciatore». Liedholm stravedeva per quel giovanotto: «Lui credeva in me, dopo gli allenamenti mi diceva: "Paolo, resta ancora per qualche tiro in porta...". E' stato il migliore». Baldieri ha giocato con  tanti campioni e per quasi tutti ha un aneddoto da raccontare, come quello su Boniek: «Ripeteva di conoscere Papa Wojtyla, di andare a cena con lui. Un giorno ci ricevette davvero il Pontefice, io ero accanto a Zibi, che disse qualcosa in polacco. E il Papa chiese, in italiano: "Chi è questo signore che parla la mia lingua?"

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