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Caro Zaniolo, non è questa la via maestra

                                                      

ROMA - C’è tutto un mondo che lo corteggia e un altro che inizia a sospettarlo, se non a detestarlo. La mamma se lo coccola, i tifosi lo amano, i compagni lo studiano di malocchio, gli avversari e i fotogra? lo braccano, i giornalisti lo titolano, un telecronista di Sky lo ha definito con per nulla celata ammirazione “un Dio greco”, mentre mostrava alle telecamere il suo metro e novanta mezzo denudato e palestrato, io stesso devo averlo paragonato a Zagor, noto supereroe dei fumetti. Ci sta che un ragazzo di anni ventuno appena compiuti, cocco di mamma e della Sud, si lasci lubrificare da un’euforia che somiglia all’onnipotenza. Ci sta anche che la sua testa cominci, invece, a ragionare “motu proprio”, a partire dalla domanda: “Ma chi sono io, un Mario Balotelli o un Moise Kean qualsiasi?”. Forse non sono abbastanza tanti indizi da fare una prova, ma certo un allarme sì. L’ultimo, riconosciuto e fotografato in una discoteca a Villa Borghese che sfumacchia avidamente al centro di un’ammucchiata festosa di suoi coetanei, immagine che la dice lunga su come il caos regni sovrano a Covilandia. Viene anche da ridere, pensando a come i calciatori, bigottescamente calati in una bolla di vetro quando si trattava di ripartire, te li ritrovi poi nelle mischie più a rischio del pianeta. Che non sono quelle del campo.

Zaniolo si difende: la verità sulla sigaretta in discoteca

Uno come Nicolò è destinato a trasformarci, tutti noi presunti saggi, in vecchie insopportabili zie o bisbetici grilli parlanti, l’indice ammonitore a sventaglio. La curiosità forte è capire quale direzione prenderà la vita al bivio di un ragazzo in formazione, star annunciatissima del calcio mondiale. Si accumulano nel tempo con sinistra coerenza segnali che fanno pensare: se non proprio un bad boy, uno spoiled boy, un ragazzo viziatello. Non è ancora del tutto venuto al mondo e ha già fatto arrabbiare due pezzi da novanta come Mancini e Fonseca, suoi allenatori in Nazionale e alla Roma. Tre, se ci mettiamo anche Fabio Capello che raccomandò l’interista Esposito di “non prendere la sua strada”.

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Il rischio è che il ragazzo cada nella tentazione mimetica di somigliare a come lo raccontano. Tanto per viziarlo con un altro esagerato paragone si ricordi della lezione di Diego Armando Maradona: tanto dissoluto nella vita privata quanto irriducibile a pensarsi come parte di una squadra in campo. I compagni, infatti, lo amavano. Tutti.

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