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L'addio di Pallotta, il Natale della Roma

In otto lunghissimi anni, gli ultimi tre sfinenti, l’Elevato di Boston ha venduto tutto quello che poteva vendere e anche qualcosa di più. Da quasi 800 giorni, per scampare alla contestazione dei tifosi, evita di farsi vedere nella Capitale: precisamente da giugno 2018 l’Italia per lui finisce in Toscana. L’Elevato ha creato la Roma a tre teste, una mostruosità: una a Boston, la seconda a Londra (o a Città del Capo), la terza - schiacciata dalle prime due - a Trigoria (poi all’Eur). Si è fidato a giorni alterni di un solo uomo, Franco Baldini, che avendo capito l’antifona da qualche anno agiva nell’ombra. Meglio, nella penombra. I tanti personaggi che l’Elevato stipendiava erano i suoi burattini, li muoveva, agitava, spostava, sospendeva a seconda dell’umore e dei risultati del momento. 

Una volta mollato da Walter Sabatini, ha autorizzato il progressivo depauperamento tecnico della squadra: auto(di)gestione. Ha anche accumulato una montagna di debiti, sfiorando i 300 milioni. Con la stampa libera ha avuto rapporti che variavano tra il pessimo e il disastroso. Social addicted maldestro e muscolare, alla Trump, il Nostro ha un modo tutto suo di comunicare con i cronisti: bullshit, fake news, we’ll bury you (vi seppelliremo) gli sms più affettuosi. L’avrei mandato volentieri a lezione di comportamento da Galliani e Moratti. Naturalmente alcuni suoi dipendenti, più realisti del re, hanno fatto a gara per peggiorare le cose e il clima. Soltanto Umberto Gandini, attuale presidente della Lega Basket e per oltre vent’anni vice di Galliani nel Milan stellare, ha provato a ricucire con il mondo: segato nel giro di un anno da chi, per rappresentare la Roma, venderebbe anche la madre. 

James Pallotta, 62 anni, americano - di italiano ha la superficialità e l’irritabilità - si è finalmente arreso a se stesso e all’evidenza. Scendendo al suo livello, potrei scrivere che si è tolto dalle palle.  E allora che suonino a festa le campane romaniste. 

Dieci mesi, tra raffreddamenti, pandemia e ripensamenti, è durata l’agonia del passaggio di proprietà, poco meno del parto di un’asina. Nella notte tra mercoledì 6 e giovedi 7 un sms di non vi dico chi (mi) ha annunciato la liberazione. In quarant’anni non avevo mai assistito a un delirio presidenziale del genere. Pallotta aveva preso la Roma solo per business e non è mai riuscito a farsi amare dalla tifoseria che l’ha “sgamato”. 

Archiviato l’Elevato, do (diamo) un entusiastico benvenuto a Dan Friedkin e a suo figlio Ryan che a dicembre aveva preso casa nella Capitale per respirare la città. Un primo passo avanti rispetto a Pallotta.

I caratteri dell’operazione, i progetti del texano e le reazioni della tifoseria li potete trovare all’interno. Oggi i romanisti possono festeggiare il Natale della Roma.

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