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Roma, mago Mourinho: così sorprende gli avversari

La mossa di escludere Abraham ha disorientato l’Inter. Ma anche lo scorso anno sorprese tutti con Zalewski e l’epurazione di Bodo

ROMA - Per dieci giorni ci siamo solo chiesti se Dybala avrebbe giocato. Forse però non avevamo compreso che il dubbio per José Mourinho non è mai esistito. Attraverso i contatti, la diplomazia, il savoir-faire, alla Roma erano arrivate ampie rassicurazioni dalla nazionale argentina: nessuno, nell’interesse collettivo, avrebbe rischiato i muscoli della Joya per un’amichevole promozionale contro la Giamaica dall’altra parte del mondo. E così Mourinho, sollevato dalle sue certezze, ha potuto dedicarsi a una mossa che ha disorientato l’Inter: fuori il centravanti inceppato, Abraham, fuori tutti i centravanti anzi, per cercare un attacco mobile e imprevedibile senza perdere la solidità difensiva. Non è stata una bocciatura per i Quattro Meravigliosi, tantomeno per il pupillo Tammy, ma una strategia finalizzata a vincere la partita. Alla fine il piano perfetto, sorprendendo Inzaghi, ha prodotto il risultato sperato, anche se ha avuto bisogno di un aggiustamento in corsa: la Roma ha segnato il gol del 2-1 quando Dybala era già uscito, con il ripristino della formula classica.

Roma, l'orgoglio di Mourinho

Dal pullman della squadra, il posto scelto per assistere alla sfida, Mourinho si è catapultato negli spogliatoi per applaudire la squadra. Proprio a San Siro, contro l’Inter, si era lasciato andare qualche mese fa a un duro sfogo contro i giocatori, accusati di scarsa personalità. Sabato invece li ha ringraziati, sottolineando che la nuova Roma ha «grandi palle» perché riesce a lottare e a soffrire con l’atteggiamento corretto. Adesso il rischio è pensare che la strada sia in discesa, che battere l’Inter sia il passepartout psicologico per battere chiunque altro. Ma Mourinho insisterà proprio su questo elemento, la mentalità. Per diventare vincenti bisogna dimenticare velocemente il passato per concentrarsi sul presente, che nella fattispecie si chiama Betis: giovedì all’Olimpico, con il solito pienone, la Roma si gioca moltissimo in Europa.

Mourinho ha trasformato la Roma

Intanto però, con la forza delle idee, Mourinho ha saputo trasformare in due settimane una squadra sprecona e tenera in un gruppo determinato e cinico. Aveva giocato benissimo e perso contro l’Atalanta, ha sbancato San Siro con due tiri nello specchio della porta. Era già successo peraltro che Mourinho cambiasse improvvisamente la Roma, sperimentando soluzioni nuove se non coraggiose: l’investitura di Nicola Zalewski, un 2002 che nella Primavera faceva il trequartista, come sostituto di Spinazzola è stata una scommessa vinta alla quale si sta adeguando anche il ct della Polonia in prospettiva dei Mondiali. Ma anche la variazione del sistema di gioco, con l’abbandono improvviso del 4-2-3-1 e il passaggio forse definitivo alla difesa a tre, è arrivato senza preavviso. Ne hanno fatto le spese Mkhitaryan e Zaniolo (prima svolta a Venezia) e lo stesso Zaniolo (derby di ritorno), che poi è stato rilanciato nella notte decisiva, la finale di Tirana, in cui ha segnato il gol della coppa. Del resto Mourinho, nella gestione, non risparmia nessuno. Dopo il disastro di Bodø, l’anno scorso, epurò una serie di giocatori che non riteneva adatti alla sua Roma. A parte Kumbulla, che ha dimostrato poi sul campo la sua utilità, sono tutti andati via, nonostante le conseguenze economiche di un taglio così drastico: Villar, Calafiori, Diawara, lo stesso Carles Perez che per un po’ è rimasto in rosa, hanno perso valore di mercato. Ma il sacrificio serviva ad alzare il livello tecnico e caratteriale della squadra. La Roma di oggi non è (ancora) all’altezza delle aspettative di Mourinho ma, aspettando Wijnaldum, ha fatto un grande passo in avanti. Dopo 5 partite in trasferta su 8, dopo aver superato indenne le visite a Juve e Inter, può adesso sfruttare il calendario per avvicinarsi alla vetta.

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