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Roma, ora deve svegliarsi Abraham

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La Roma che non ti aspetti. Sterile. Così si arrende alla capolista che non è mai in pericolo in questo viaggio nella Capitale. Il gruppo di Mou spara palloni a salve. Mai successo fin qui. Nemmeno una conclusione nello specchio della porta. Non accadeva dal 13 dicembre 2015, sette anni fa, sempre contro il Napoli: 0-0 al San Paolo. Zero tiri verso Meret, ingiudicabile e quindi spettatore. E’ la terza volta in quindici partite stagionali che Mourinho non vede i suoi giocatori esultare. Sempre in campionato. Ed è finito ko nelle tre partite. A Udine e all’Olimpico contro l’Atalanta e contro Spalletti che finalmente riesce a battere José. Semplice trovare una spiegazione. Senza il contributo del centravanti non si va a dama. E Abraham proprio non c’è. Dai 27 gol stagionali, 17 in serie A, della stagione scorsa, è fermo a 2. L’ultimo il 12 settembre, decisivo per vincere a Empoli. Se non si sveglia lui, la Roma non può viaggiare alla stessa velocità delle altre big. Tammy è stato il primo a essere sostituito nella serata. Con il risultato ancora sullo 0-0. Anche questo è un segnale. Mou si rende conto che la flessione dell’inglese è preoccupante. Non solo la sua, però. Belotti, il suo vice, non ha cambiato la storia della partita. E in campionato rimane dunque a digiuno. La giustificazione per i centravanti c’è. Pagano l’atteggiamento della Roma. Corsa, pressing, prudenza, attenzione, fisicità e collaborazione: gli ingredienti sono quelli che Mou ha scelto per affrontare il Napoli. Non sono bastati per svoltare. La lista degli assenti, da Wijnaldum a Dybala, condiziona il piano per sfidare almeno alla pari la capolista. Pesano anche i forfait di Celik e quello di Zalewski che si è arreso nell’ultima notte a un virus gastrointestinale. Spazio a Karsdorp che ancora non è pronto. E a quel punto solo una strada da percorrere. Oscurare il gioco di Spalletti. Marcature personalizzate un po’ ovunque. Proprio Karsdorp fisso su Kvaratskheila, con Mancini in protezione, e Zaniolo davanti a rincorrere, quando parte, Oliveira. E’ l’esempio del soccorso giallorosso chiesto da José. Bisogna aiutarsi. Sull’altro lato, invece, è uno contro uno: ecco Ibañez contro Lozano e Spinazzola che va a duello con Di Lorenzo. Osimhenn tocca a Smalling, punito al primo e unico errore. La novità, però, è il ruolo di Pellegrini. Trequartista mascherato. Deve marcare più che organizzare. Gli tocca Lobotka e il compito è durissimo. Il capitano gira a vuoto. E davanti ne risentono. Più adatto Camara per il braccio di ferro con Ndombele. Cristante, invece, si sdoppia. Se Zielinski non lo cerca in pressing, è libero di lanciare. Il suo riferimento, e quello dei compagni, è Abraham che spesso si sfianca a rincorrere, tra Jesus e Kim, palloni che rimbalzano non si sa dove. Incontrollabili. L’unico che riesce ad accelerare è Zaniolo. A destra. Finirà il match stremato. Agli scatti deve sommare le rincorse. I rientri. Come gli urlano dalla panchina. Dopo poco più di un’ora esce Abraham, pure lui stanchissimo. Dentro Belotti. E dopo la rete del vantaggio di Osimhen, raffica di sostituzioni. Viña, Matic, El Shaarawy e a seguire Shomurodov. La panchina del Napoli e di conseguenza la rosa di Spalletti fanno la differenza. La Roma guarda la classifica e per ora si accontenta del quinto posto. Ha 3 punti in più del torneo scorso. Ma ha già perso, contando l’Europa League, un terzo delle partite: 5 su 15.

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