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Lavoro, testa e coraggio: così Svilar si è preso la Roma

Dai momenti difficili al Benfica fino al grande rilancio a Trigoria. La sua crescita è atletica e mentale

Quella lunga corsa partita dalla porta sotto la nord per prendersi l’abbraccio della curva Sud gli resterà per sempre nel cuore. Mile Svilar si è preso la scena all’Olimpico, in una serata indimenticabile e che adesso lo ha messo a tutti gli effetti sotto i riflettori di tutta Europa. Si può anche dire che giovedì sia cominciata la sua seconda vita calcistica, dopo anni di difficoltà e un’attesa che lo ha aiutato anche a maturare dopo la prima “sbornia” di gloria arrivata forse un po’ troppo presto, a 17 anni in Champions, e che potrebbe anche aver frenato la sua maturazione. Ma eccolo il vero Svilar, quello implacabile e attento nei centoventi minuti e che poi è stato letale dal dischetto. La lotteria l’ha vinta lui, e ha fatto eurojackpot. Due rigori (“e mezzo”, come dice lui da giovedì notte) parati, una sicurezza nelle uscite e negli interventi che - con tutto il rispetto - in questo momento non appartengono al trentaseienne Rui Patricio. Che ieri a fine partita è andato ad abbracciare il ragazzo con grande amicizia e sportività.

Tutti gli occhi su Svilar 

Ieri tutti gli occhi a Trigoria erano su di lui, compresi quelli di Ryan Friedkin e Lina Souloukou che sono andati a complimentarsi dopo aver festeggiato all’Olimpico la vittoria da brividi. Da sottolineare i festeggiamenti della Ceo giallorossa: la tensione al momento del rigore di Zalewski, poi l’esultanza saltando e abbracciandosi con i suoi collaboratori, mentre a pochi seggiolini di distanza il vicepresidente festeggiava in piedi e con le mani alzate il passaggio del turno. Tutti per Svilar: dai commenti social, a quelli degli amici, della fidanzata, e della famiglia. L’orgoglio del papà, Ratko, ex portiere serbo che ha militato in nazionale e nell’Anversa, in Belgio. E di certo anche la soddisfazione di Josè Mourinho che aveva lanciato Mile titolare a San Siro nella sfida contro il Milan, la sua ultima gara in giallorosso prima dell’esonero.

Il percorso degli ultimi anni 

Svilar vive a Roma in zona Eur, con la fidanzata June e il loro cagnolino. Ragazzo posato, sereno, esuberante in campo e nella vita, è un patito dell’allenamento. Non si fa mai problemi a restare in campo di più se deve provare qualche esercizio e da quando ha come preparatore Simone Farelli ha trovato ancora più fiducia. Ha già giocato oltre il doppio delle partite della scorsa stagione, quando chiuse il suo primo anno alla Roma con quattro presenze e tanti dubbi. Incertezze e insicurezze tra i pali che avevano spinto Mourinho ad aspettare la sua crescita tecnica e mentale, e dare fiducia a Rui Patricio nonostante anche lui non sembrasse più il portiere del primo anno nella Capitale. Svilar di fatto nelle ultime stagioni ha giocato molto poco tra Roma e Benfica. Non quello “vero”, bensì la seconda squadra, con la quale ha totalizzato tredici presenze due anni fa, ventuno nei due anni prima e tredici in quello prima ancora. Poco per un ragazzo che era in rampa di lancio sette anni fa, quando a neanche diciott’anni aveva giocato in Champions contro il Manchester United di Mou (andata e ritorno, parando anche un rigore) e il Basilea, e aveva totalizzato anche diverse presenze nel campionato portoghese, con la prima squadra.

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