Il legame, di sangue e di amore, è tatuato sulla sua coscia sinistra: un bambino biondissimo chiamato Daniele De Rossi immortalato in una foto d’epoca sul campo dello stadio di Livorno, preso per mano dal papà Alberto che all’epoca giocava come libero in Serie C. Sono passati quarant’anni. Non è passato niente. Domenica sera la voce di De Rossi junior, ormai diventato senior del derby, tremava per la commozione del pensiero: «C’è solo un uomo più felice di me al mondo in questo momento. E’ mio padre, che ha visto il derby sul divano e sarà stato orgoglioso. Se devo pensare a una dedica, è per lui».
De Rossi, il rapporto con il padre
Da quando allena la Roma lo aveva nominato soltanto un’altra volta, raccontando un aneddoto divertente che descrive bene la discrezione quasi pudica del loro rapporto “professionale”: «L’ho incrociato al bar di Trigoria, stava prendendo un caffè ma è sgattaiolato via come se avesse rubato qualcosa». Perché oggi papà Alberto, che ha 66 anni, lavora ancora nella Roma dopo aver guidato per decenni la Primavera come tecnico. E continua ad occuparsi con la solita passione di calcio giovanile, con il ruolo di supervisore degli allenatori delle squadre che partecipano ai campionati nazionali. Se gli chiedete di parlare di Daniele, non riuscirete mai a strappargli un commento: «Posso parlare di lui solo come figlio, non come professionista» ha raccontato in tante interviste. E anzi. C’è stato almeno un momento in cui la Roma gli ha chiesto di allenare la prima squadra, in una fase di transizione delicata, ma lui rifiutò «per non mettere in difficoltà Daniele» che era uno dei leader dello spogliatoio.
De Rossi: "Ho imparato molto da mio padre"
Questo svela molto del carattere di Alberto, che ha vinto scudetti e formato talenti ma non ha mai voluto abbandonare la Roma e la propria inclinazione. Molto ben pagata, certo, ma di grande responsabilità per le prospettive del club. Ma se la dimensione pubblica dei due personaggi è quasi inesistente, se si eccettua per qualche comparsata comune sulle tribune dello stadio Tre Fontane per assistere alle partite della Primavera, il loro rapporto in privato è di enorme complicità. Lo conferma Daniele: «E’ stato lui a trasmettermi la passione per il calcio: prima come giocatore e poi come allenatore». In entrambe le carriere l’allievo ha superato il maestro. Ma in fondo è questo che spera qualunque padre quando mette al mondo un figlio: aiutare l’erede a essere migliore, o comunque più felice di lui. «Ho imparato molto da mio padre, anche se di calcio parliamo poco. Certe idee tattiche e gestionali vengono dalla scuola che ho frequentato a casa».
De Rossi, la famiglia
La famiglia è stata un enorme sostegno per Daniele nel periodo personale più difficile. Non solo papà Alberto, ma anche la mamma Michela e la sorella Ludovica, più la prima figlia Gaia che cresceva e gli dava la forza di resistere - sabato era allo stadio - a tante sollecitazioni negative. Poi è arrivata Sarah, con altre due magnifiche creature, ad addolcire la sua vita. Mancava solo la Roma, fino a tre mesi fa, per sorridere agli incastri del destino. E’ tornata anche quella.