Dodici parate. Do-di-ci, in una sola partita. Il destino è bizzarro e amaro se impedisce a Mile Svilar di festeggiare il record di questa edizione di Europa League. Quell’uscita imperfetta, nella quale ha pagato il cambio di interlocutore da N’Dicka a Smalling, ha provocato l’autogol di Mancini che ha frantumato il sogno della Roma. Nessuno è insuperabile, nemmeno lui. Ma Svilar a Leverkusen è sembrato davvero un supereroe vestito di giallo fino all’angolo fatale.
Svilar, la garanzia
E’ un vero peccato, che purtroppo rientra nei rischi del mestiere. Era stato, e tale rimarrà, il miglior portiere del torneo, che ha vissuto sin dall’inizio grazie al turnover adottato da Mourinho in coppa. Ma non può godersi la felicità perché «le prestazioni individuali non contano nulla se non portano risultati alla squadra». Queste parole, pronunciate giusto nella conferenza stampa della vigilia, suonano adesso come beffarde, perché non gli riconoscono i meriti di un rendimento incredibile. Svilar aveva salvato la Roma parando i rigori nel playoff contro il Feyenoord e aveva tenuto il lucchetto chiuso anche alla Bay Arena per 82 minuti, cancellando ogni tentativo degli avversari. Non doveva toccargli la sfortuna di sbagliare proprio in questa semifinale che la squadra aveva saputo aggiustare con lucidità e cuore. «Cosa gli ho detto? L’ho ringraziato. Se siamo arrivati fino a questo punto è stato per le sue parate» ha osservato con un ghigno triste De Rossi.