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Franco Colomba, ex del Bologna FC, interpreta al cinema Árpád Weisz

L'ex calciatore ha prestato il volto in Nobili Bugie all'allenatore Árpád Weisz, che morì nelle camere a gas di Auschwitz nel 1944.

“L’incursione nel mondo dello spettacolo è stata particolare, sono stato piacevolmente impressionato" Così ha esordito Franco Colomba, ex calciatore del Bologna FC e interprete, in Nobili Bugie, di Árpád Weisz, allenatore della stessa squadra, tragicamente morto nelle camere a gas di Auswitz nel 1944.

“Ho girato una piccola parte e anche in quella mi sono reso conto dell’impegno che ci vuole per quelle poche scene è notevole, per tantissime persone. Si tratta di un lavoro di tanti mesi che serve a mettere in piedi un film di un paio d’ore.”

Il film è stato presentato alla 74° Mostra di Venezia, dove ha ricevuto il premio Kinèo. In questa occasione abbiamo incontrato Colomba che ha commentato così l’importanza di Weisz nella storia del calcio e del Bologna soprattutto: “Essendo di Bologna e avendo giocato e allenato il Bologna e avendo avuto come allenatori da ragazzino i giocatori di quell’epoca, ero già abbastanza documentato su quello che è stato Árpád Weisz. Un allenatore che ha vinto due scudetti, una coppa campioni che a quei tempi aveva il valore della Champions League adesso, quando mi ricapitava di vincere due scudetti e una coppa? Ho accettato subito. Anche perché ha sofferto moltissimo, era sulla cresta dell’onda quando è morto. Si è trovato perseguitato con la famiglia, nella noncuranza del mondo dello sport che si è dimenticato di lui. E questo si vede nel film, nella piccola parte che interpreto. Tengo a precisare che tutto è accaduto nella dimenticanza.”

Colomba ci tiene anche a ricordare il libro di Matteo Marani, Dallo scudetto ad Auschwitz: vita e morte di Arpad Weisz, allenatore ebreo: “Un paluso va a Marani che ha scritto un libro su di lui e che ha permesso alla storia di XX di venire fuori. Altrimenti tutti lo avremmo dimenticato.”

Ma com’è il rapporto di Franco Colomba con il calcio oggi? “Bello, vado allo stadio. È la mia squadra, quando non lavoro vado a vederla allo stadio. Ho giocato 17 anni lì e il legame è molto forte. Spero che cresca finalmente, la società è solida da un po’ di tempo e la gente si aspetta un miglioramente.”

Come è cambiato il mondo del calcio: come si è evoluto o involuto?

“Il campo e il lavoro sono sempre gli stessi. È cambiato il contorno, a livello televisivo, a livello gestionale, è tutto molto più organizzato, se vogliamo, anche se a volte si improvvisa ancora molto, soprattutto nell’allestimento delle squadre. Non c’è sempre una programmazione ben precisa. Credo che i giocatori di adesso siano amati e conosciuti. Ma adesso farei fatica ad affezionarmi a un giocatore, cambiano bandiera e maglia ogni due settimane, onestamente non è il mio calcio sotto questo punto di vista. Ma è sempre bello, perché è lo sport più bello del mondo. 22 persone nel campo con qualsiasi clima, non è facile trovare uno sport che possa racchiudere tutte queste difficoltà per un’ora e mezza. Come si sviluppa adesso tutto il processo dei trasferimenti non mi piace molto.”

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