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Mi chiamo Francesco Totti, la recensione del film: "Mi hanno cacciato da Trigoria, da casa mia"

Abbiamo visto in anteprima il film sull'ex capitano che uscirà il 19, 20 e 21 ottobre nei cinema italiani

ROMA - C’è una scena del film su Francesco Totti che raccoglie quasi tutto. E’ proprio nei primi secondi. Si vede Roma dall’alto. La telecamera scorre sopra la città fino a quando raggiunge un Olimpico vuoto e buio. Fa impressione. L’immagine è quella di un buco nero che è pronto ad assorbire la città intera. Siamo alla vigilia di quel maledetto Roma-Genoa. La fine di tutto. Una festa, nelle intenzioni di Pallotta. Un funerale, per i tifosi giallorossi. La telecamera dall’alto scende, entra nello stadio e ci accorgiamo che al centro del campo c’è lui. La leggenda Totti, l’uomo Francesco.

Sliding doors e destino: la carriera di Totti

Parte da qui il film “Mi chiamo Francesco Totti”. Un lungo recap di una carriera che è stata una perfetta e irripetibile miscela di sliding doors e destino (una parola che Francesco pronuncia spesso durante l’ora e 40 di visione). Dentro questo film c’è un lavoro impressionante, mastodontico di ricerca. Materiale inedito, foto e video d’archivio che si susseguono senza sosta con una lucidità e una consequenzialità curata in ogni dettaglio. E poi c’è la voce narrante dell’ex capitano che ripercorre tutta la sua vita, calcistica e personale, attraverso gli affetti più cari, quelli del compianto padre Enzo e della mamma Fiorella. Quelli del fratello Riccardo e dei cugini, degli amici di una vita, delle vacanze estive a Torvajanica, della prima trasferta con la famiglia a Wembley, dell’incontro con Ilary, della nascita dei figli.

La guerra con Spalletti

E poi le cadute fragorose, l’infortunio contro l’Empoli, il calcio a Balotelli, il Mondiale che rischiava di saltare, lo sputo a Poulsen, le (tante, tantissime, infinite) lacrime dell’addio all’Olimpico, l’antipatia nei confronti di Carlos Bianchi e gli scontri con il villan di questa storia: Luciano Spalletti. Amico nella fase 1 e persona irriconoscibile nella seconda, quella più drammatica. “Io sono romano e quindi permaloso. Sono un rosicone”, ammette. Quel post Roma-Genoa non è una ‘rosicata’, però. “No, quella è stata cattiveria. Mi hanno cacciato da Trigoria, da casa mia”.

Il racconto di una città capace di tutto

In questo film il regista Alex Infascelli (romano e romanista) ha voluto raccontare tutto di Totti, senza filtri. La sua umanità e la sua intimità che sono poi le basi sulle quali reggono le fondamenta del campione che ha unito un popolo per 25 lunghissimi anni. C’è anche l’essere romano con tutti i pregi e i difetti che questo comporta. E poi c’è Roma, capitale meravigliosa che ti abbraccia in una stretta così forte che a volte rischi di soffocare. Totti l’ha rappresentata con la fascia sul braccio senza mai poterne godere fino in fondo del suo fascino unico (“Non posso guardare un monumento un minuto e poi dover stare mezz’ora a firmare autografi. Vorrei essere invisibile per un giorno prima di morire, vorrei vedere la mia città in serenità senza che nessuno mi riconosca”).

I momenti d'oro, le fragilità del campione

Ma ci sono anche i trionfi professionali, quello dello scudetto, la scarpa d’oro, il Mondiale. E poi l’affetto di Mazzone, Zeman e Cassano, l’amico con il quale Francesco ha condiviso magie stupefacenti in campo. C’è tanto campo, tanti gol. Ma anche un’umanità, una timidezza e un’umiltà che in Totti straborda ancora oggi. Lo sapevamo già ma è sempre bello rinfrescare la memoria ai più distratti. Questo film è una dedica alla leggenda Totti. Questo film è Totti. In tutto per tutto.

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