ROMA - È Mick Schumacher, non il figlio di Michael. Non lo è mai stato, nel senso che non ha mai vissuto in una recita, né mai si è dato quel ruolo. Poi, è chiaro, fosse stato un qualsiasi Müller o un Meyer originario della Renania, ieri non avrebbe vinto in Formula 2, né starebbe per fare mediaticamente irruzione in Formula 1. Ma lui, questo, è il primo a saperlo. Provare ora a prendere questo giovane pilota e a sovrapporlo alla figura di suo padre per vedere quali punti combacino, ecco, questo oggi è da non fare. Qualcosa però si può ottenere con il processo contrario: osservarlo per constatare quanto sia diverso, per certi versi proprio opposto, concavo dove suo padre era convesso e viceversa. D’altronde di Schumi – quello originale – ne nasce uno ogni qualche decina d’anni e non spunta mai nella stessa famiglia ma, solitamente, in angoli imprevedibili di mondo: in un sobborgo dell’Hertfordshire, in un piccolo distretto ai margini di San Paolo, in una cittadina della provincia di Buenos Aires.
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Applicazione
Se Schumi era un prodigio della natura, Schumino è frutto della sua applicazione nello studio, corroborata da una voglia di colmare lo spaventoso vuoto che può proporre una presenza. Papà è a casa e, anche se sembra essere altrove, qualcosa al ritorno bisogna pur raccontargli. Come tutti i talenti puri, Schumi cominciava a fare una cosa e la faceva bene: vedi il modo in cui esplose in Formula 1 appena gli fu messa in mano una monoposto. Schumino deve prendere le misure ai problemi, sbagliare, analizzare, mandare a mente, rifare senza errori. Qualcosa che costa un grande sforzo e prende più tempo: ecco perché la prima stagione in un campionato gli serve per sbagliare e la seconda per vincere. Dodicesimo e poi primo, come uno schema di lavoro: lo ha fatto tra il 2017 e il 2018 nell’EuroF3 (non fatevi trarre in inganno dal fatto che fosse un titolo europeo: quelle macchine erano straordinarie, piccole F.1 per aspiranti campioni), lo ha rifatto tra 2019 e 2020 in Formula 2. Non potrà continuare così, ché dodicesimo l’anno prossimo con la Haas sarebbe un trionfo, e campione tra due anni non se ne parla. Non vi offenderemo dicendo che salendo di Formula 1 cresca nettamente il livello delle diffcoltà. [...]
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