L’atroce dubbio che disturba il sonno di milioni di aficionados della Rossa sta diventando maggiorenne. Correva l’anno 2007, l’ultimo di grazia per un pilota Ferrari, Kimi Raikkonen, oggi papà quasi a tempo pieno del talentuoso Robin – dieci anni e già una certa fama nei kart (due settimane fa si è fratturato un braccio) -, ieri pilota glaciale e chirurgico, l’ultimo capace di laurearsi campione del mondo con le insegne del Cavallino. L’anno dopo, 2008, il titolo sfuggì a Felipe Massa, al termine dell’ultimo Gp della stagione, nel suo Brasile: una delle gare più beffarde che si ricordi, e indovinate chi divenne per la prima volta campione, allora il più giovane nella storia della Formula 1? Già, proprio il nostro Lewis, non ancora baronetto Hamilton. La Ferrari agguantò il titolo Costruttori, grazie a otto vittorie, undici podi e otto pole position, un curriculum stagionale per cui oggi farebbero carte false a Maranello (magari con un pizzico di cura in più di quanta ne hanno messa per assemblare le vetture in Cina…).
Sempre la stessa storia
Diciassette anni e tante delusioni dopo, archiviate senza gloria stagioni di piloti fortissimi e team principal accolti da star e accompagnati alla porta come appestati, spesi treni di denaro, spesso più veloci delle macchine, l’atroce dubbio è sempre lo stesso, ormai atavico: anche quest’anno la Ferrari vincerà il prossimo? E’ noto come a Maranello, aspettando Leclerc (esattamente come Beckett aspettava Godot), per variare sul tema si siano imbarcati in quella gigantesca (e felicissima) operazione di marketing che risponde al nome di Lewis Hamilton. Un successo (di follower) planetario. Ma non è detto, anzi, che due potentissimi e iconici brand, sommati, facciano una macchina vincente, o almeno una vettura capace di lottare per il podio (rispettando regole e parametri, obviously). Sicuramente, fanno la felicità del conto economico, ma vincere è un’altra storia (e riguarda, per il momento, altre macchine). E non perché il vecchio leone, come qualcuno poteva temere, abbia perso gli artigli. Tutt’altro. Appena la macchina glielo ha consentito, ha dato la paga a tutti (seppure nel formato mini di una Sprint), a cominciare dal compagno Leclerc, il quale di questo passo rischia di passare presto alla schiera degli ex giovani di successo con un grande avvenire dietro le spalle. Il guaio, ahinoi, sta sotto il nobile fondoschiena del baronetto inglese, laddove per la Ferrari conciliare potenza del motore, aerodinamica e usura degli pneumatici, per ottenere prestazioni competitive sul breve e lungo termine, ormai ha la difficoltà di una laurea in ingegneria spaziale. Avevano pensato che l’equazione “più abbasso la macchina, più tolgo decimi” fosse il nuovo uovo di Colombo, ma non avevano fatto i conti con quell’impiccio del regolamento. E dunque, è andata in scena la grottesca doppia squalifica cinese, mai vista prima e, speriamo, mai si ripeterà.
Ha ancora le ali?
Ma è proprio qui che si insinua l’atroce dubbio: in Cina gli uomini in tuta rossa hanno osato troppo o speravano di farla franca? E non si intende, in questo caso, che volessero consapevolmente farla franca, ma che abbiano clamorosamente sbagliato le misure nell’impostazione della SF-25 e ora, dovendo rialzare il fondo delle vetture, non sappiano come evitare di beccare tre-quattro decimi a giro dalle Mclaren (perché, le Mercedes?). Bisogna capire. Ma siccome la legge di Murphy è uguale per tutti, belli e brutti, ricchi e poveri, nobili e plebei, non è il massimo che il primo banco di prova dopo la figuraccia di Shangai arrivi a Suzuka, tra i circuiti storicamente più ostici alle Rosse, che lì non vincono dal 2004 (Schumacher, un’era glaciale fa). Diciotto curve, alcune velocissime altre lentissime, una roba da far venire il mal di testa a chiunque, specie a chi è sbarcato in Giappone con un carico di dubbi esistenziali che nemmeno Freud e Jung messi insieme. Cosa è accaduto realmente a Shangai? Fu solo approssimazione, voglia di spingersi al limite, o abbiamo a che fare con un vizio originale del progetto? Insomma, qual è la vera Ferrari? Questa che ha gli stessi punti della Williams o quella che a inizio stagione, appena due gare e mezza fa, aveva ambizioni altissime? La trasferta giapponese ci dirà se Vasseur è un novello Icaro o se la Ferrari ha conservato le ali. Hamilton ostenta fiducia (e che dovrebbe fare?), ma come diceva Mandrake, è un tantinello preoccupato.