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Earl Bamber alla 24 Ore di Le Mans

Action Images / Reuters

Il campione ora si fa comprimario per la passione dell'ignoto

È cresciuto con la passione per il surf e l’atletica, ma nel suo DNA sono impressi i motori. Già, perché a pochi chilometri di distanza da casa sua c’è Cemetery Circuit, uno degli storici circuiti neozelandesi. Alle moto però ha preferito le auto, tanto che all’età di 12 anni già sfrecciava sui kart. Ci ha messo poco a farsi notare Earl Bamber, riuscendo a strappare la partecipazione ai campionati monomarca Porsche. In seguito, nel 2013, eccolo vincere l’International Scholarship Programme della Casa di Zuffenhausen, riservato ai giovani talenti. È in quel momento che inizia l’ascesa del neozelandese con i successi nella Carrera Cup Asia e nella Porsche Mobil One Supercup. Lo scorso anno il coronamento, con il trionfo alle 24 Ore di Le Mans a soli 24 anni. Un ragazzo che ha bruciato le tappe Earl Bamber, riportando il marchio tedesco al successo insieme a Nico Hulkenberg e Nick Tandy sulla Porsche 919 Hybrid LMP1. Questa volta non prenderà parte alla competizione con la LMP1, lo vedremo nella categoria GTE Pro con la 911 RSR. 

Dall’ipotesi surf alla 24 Ore di Le Mans passa un’autostrada: cos’è che può affascinare di più di un’onda dell’Oceano?

"Le Mans è un’avventura che dura un giorno: correre di notte, è complicato perché i riferimenti sono limitati e di conseguenza è tutto molto più difficile. Non vediamo l’ora che arrivi l’alba, ma, forse, è questo viaggio nell’ignoto che ti cattura".

Velocità o regolarità, cosa conta di più nelle gare di endurance?

"Hanno il medesimo valore. Il segreto è capire quando e quanto serve essere veloce, senza oltrepassare il limite, così come sapersi gestire e adattarsi rapidamente alle condizioni della pista e a quelle del meteo".

Ha vinto a Le Mans e anche a Daytona. Qual è la differenza, se c’è?

"Daytona è una corsa dove puoi anche permetterti di sbagliare, perché la safety car entra in pista così tante volte che hai tutto il tempo per recuperare il distacco. A Le Mans invece è l’opposto, ogni piccolo errore rischi di pagarlo caro".

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