di Valeria Ancione
«Sono morto», senza mani davanti alla bocca, senza nascondersi, ha detto Jannik rivolto al suo team e in faccia alla telecamera. Abbiamo pensato “non ti disunire, ragazzo”. In realtà mentre per noi forse stava “morendo” lui sapeva di risorgere. Jannik Sinner è quel figlio che lasci sbarbato e coi brufoli nel letto la sera e all’indomani ci trovi un altro. Ci siamo distratti un attimo ed eccolo un po’ più uomo, e sì che ce lo aspettavamo, doveva succedere. È cresciuto sotto ogni aspetto, Jannik. Lui lo sapeva più di tutti che stava crescendo e nemmeno aveva ansia di dimostrarlo.
STRATEGIA. A un certo punto domenica, nella finale dello Slam di Melbourne, è iniziata anche una sfida “posturale”: Medvedev cedeva, la ruga tra le sopracciglia diventava solco, le spalle si incurvavano, si richiudeva e perdeva centimetri, Daniil, invece Sinner li conquistava e sorrideva.
«Quando dice “sono morto” - spiega la dottoressa Barbara Rossi, psicologa dello sport - è solo preoccupato perché non riesce a trovare la tattica giusta. Nei primi due set c’era tensione, ed è normale, però lui sapeva che sarebbe passata. Succede infatti che senti la sensazione giusta, trovi l’impostazione tattica e ti riprendi. C’è da dire che un match 3 su 5 è un altro sport, è la maratona del tennis. Chi non si ritira di fronte alla fatica lo fa perché prova piacere, lo diceva anche Nadal. Sinner prova piacere e si vede. L’attitudine mentale fa la differenza. Bisogna ragionare. Ma c’è molto tempo per far girare l’inerzia del match e i tennisti lo sanno. Djokovic in questo è maestro».
FOCALIZZATO. Però sul terzo set il tempo iniziava a mancare come l’aria. Tuttavia Jannik lottava su quel fazzoletto di campo a cui non ha permesso di diventare enorme. «Se stai sul pezzo in una partita difficile, non si infilano altri pensieri nella testa perché stai gareggiando per te stesso, né per i genitori né per gli allenatori né il Paese. Lui è dritto, determinato e focalizzato sulle cose importanti, quelle che gli servono. Soprattutto è focalizzato sul miglioramento - spiega ancora la psicologa - In questo lo aiuta bene il coach Vagnozzi, che conosco personalmente, persona seria, penso che sia un incontro perfetto tra loro. Vagnozzi sottolinea che il riposo è il suo segreto. Il riposo inteso anche come pace, serenità. Beh un allenatore che comprende questo... ».
Sinner ha parlato di libertà come uno che la conosce e non sta improvvisando. «Ha ringraziato i genitori che lo hanno fatto crescere libero, è bellissimo questo. Lui non si fa condizionare perché è centrato sul suo percorso. Ciò non toglie che avverta la responsabilità di diventare un modello soprattutto per i bambini».
PUREZZA. Jannik ha dato alla sua vita il nome “tennis” e a 14 anni ha mollato il rifugio sicuro delle montagne e della famiglia, ci vuole coraggio. «Lo distingue la purezza, che gli viene dall’educazione, dalla famiglia e anche dalla montagna. Come Federer ha una classe innata - continua la dottoressa Rossi - E poi ha equilibrio che per un atleta è fondamentale, ma nel senso buddhista del termine, cioè “lasciare andare”, abbandonare le cose che non servono. Ecco perché non cerca rivalsa dopo il brutto gesto di Medvedev che nel 2021 gli sbadigliò in faccia. Ai detrattori non pensa, va avanti per sé. È uno che sa vedere nella sconfitta una tappa indispensabile».
INDENNE ALLA GOGNA. Mai abbastanza vincente, mai abbastanza italiano, mai abbastanza... A volte le critiche hanno superato gli applausi. «La sua potenza è di non dover dimostrare più di quello che fa col suo lavoro. Né deve fare cose extra per conquistare il pubblico. Sinner è stato grandioso perché è riuscito a passare indenne sotto alla gogna. È forte e ha grandi obiettivi».
Quella di Sinner è un’evoluzione evidente, che colpisce, che va oltre la vittoria del suo primo Slam. Prima si stava col fiato sospeso, aspettando un dolore, un fastidio, una vescica che lo fermasse, ora invece... «Si è evoluto tantissimo. Si ritirava perché non si sentiva pronto. Un principio di saggezza: non è il momento, perché farmi male? Lo vedo anche privo di ossessioni. Fa il suo nel modo migliore. L’ossessione a volte può essere anche un motore, lo è stata per Andre Agassi, per Michael Jordan, Kobe Bryant. A Sinner non serve».
Come tanti adolescenti, Jannik è “figlio” del Covid: mentre nel 2019 si imponeva, di lì a poco scoppiava la pandemia ed è passato indenne anche in questo caso. «Tanti si sono persi, soprattutto quelli meno talentuosi - ci dice Rossi - e lo sport non è solo il campione che fa sognare, esistono gli altri. Però per il tennis è stato diverso, ha accolto molti atleti che venivano da altre discipline. Uno come Jannik avrà ragionato su come e cosa migliorare durante quel tempo di chiusura. Per chi ha un’intelligenza brillante ogni cosa diventa opportunità».
CAMPIONE ASSOLUTO. I suoi giovani colleghi si sentono già sollevati dalle pressioni. Sinner se ne farà carico, spostando l’attenzione su se stesso, così gli altri cresceranno sotto la sua ala. Come Lorenzo Musetti, grande promessa ma da un po’ in difficoltà. «Musetti è un talento virtuoso, ha solo bisogno di più tempo. Però Sinner è un’altra cosa - è convinta la psicologa Rossi - Esaltazione e caduta camminano quasi a braccetto. Ogni atleta d’élite lo sa ma molti soffrono ugualmente gli haters e le parole cattive sui social, bisognerebbe pesare i giudizi prima di scrivere. Sinner sembra dare meno peso alle critiche, ma anche lui prima che un atleta è una persona».
Eroe, fenomeno, talento a sostenere queste cose si finisce ossessionati. «Il talento ti permette di fare le cose prima e meglio degli altri. Mentre il concetto di fenomeno mi spaventa, preferisco quello di “campione assoluto”: Sinner ha una serie di talenti, tecnico, tattico, mentale, sa circondarsi di persone giuste e fare scelte giuste, è la combinazione di tutto questo che lo rende così - conclude la dottoressa Barbara Rossi - Jannik avrà le sue difficoltà, ma farà tanta strada. Uno così chissà quando rinasce...».
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