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“L’associazione di Djokovic? I tennisti si informano poco…”: la critica dell’ex coach di Berrettini

Parla Santopadre, allenatore che ora segue Van Assche: "Si dovrebbe parlare del bene comune, anche perché sicuramente ci sono delle cose che si possono fare meglio

«Credo che, tante volte, i giocatori si lamentino troppo in fretta. Se per alcuni, in un torneo, nove cose su dieci non vanno bene, forse sono le analisi a dover essere più equilibrate. Per esempio, a Madrid c’è un problema con il numero di campi di allenamento: è giusto farlo notare, ma è così per tutti e non deve creare un turbamento che ti condizioni. Il campo alla fine è anche un’espressione di come si vive la vita». Chi conosce Vincenzo Santopadre sa che è davvero così: è questa l’attitudine con cui vive e fa vivere il tennis. Ex numero 100 del mondo da giocatore, poi coach di lunga data di Matteo Berrettini, oggi prosegue la sua avventura accanto a Luca Van Assche, talento francese classe 2004 in cerca di una dimensione stabile nel tour. Già numero 63 ATP nel 2023, oggi è alla 174ª piazza, ma può contare su un atletismo di prim’ordine e su un senso tattico spiccato, qualità fondamentali per contrastare l’avanzare del tennis tutto muscoli di rivali più strutturati. Santopadre, con la sua esperienza, osserva e interpreta tutto ciò che succede nel circuito. Gli spunti non mancano: tra ciò che accade sul campo con il Sunshine Double e ciò che crea fermento negli spogliatoi con la causa intentata dalla PTPA ai danni di ATP, WTA, ITF e ITIA. 

Cosa pensa della causa intentata dalla PTPA

«Che io sappia, ne ho parlato con Gaudenzi (presidente ATP, ndc), l’ATP ha provato più volte a sedersi a un tavolo con la PTPA ma non ne hanno voluto sapere. Si dovrebbe parlare del bene comune, anche perché sicuramente ci sono delle cose che si possono fare meglio, ma a volte ho l’impressione che ci sia poca curiosità e un po’ di ignoranza. Alcuni tennisti si informano poco e di conseguenza dovrebbero anche parlare poco».  

Ha l’impressione che a volte si crei un ambiente troppo accomodante intorno ai giocatori? 

«Bisognerebbe conoscere i singoli atleti per dirlo. Però, vuoi anche per un contorno particolarmente fuorviante, tante volte questi giovani sono in balia delle onde. Sotto certi aspetti quello del tennista è un mestiere molto complicato e questi ragazzi si trovano a farlo senza la struttura per gestire alcune situazioni. Per di più lo fanno in un ambiente dove denaro e popolarità possono farti perdere equilibrio. Questa fatica a trovare stabilità poi si ripercuote anche su risultati e relazioni. Trovare l’equilibrio di un Sinner è qualcosa per pochi».  

A proposito, gli spazi privati proposti per Sinner a Roma sono davvero una necessità? 

«Non credo sia un’esigenza, anche perché il giocatore deve andare sul posto di lavoro e lavorare. Poi questa sarebbe ovviamente un’accortezza del torneo e sarebbe una comodità in più. Ma in generale nei tornei già ci sono situazioni per la privacy, anche quella dei super big». 

Nel suo rientro a cosa dovrà fare attenzione Jannik? 

«Dovrà ritrovare l’abitudine al match, questa è la sfida più grande. Però dovendo scegliere, non poteva esserci momento più opportuno per questo stop. Sul piano fisico può svolgere un tipo di lavoro che difficilmente avrebbe potuto seguire in una situazione normale. Allo stesso modo avrà più tempo per preparare la superficie dove finora ha fatto più fatica. Quanto fatto in questi mesi se lo ritroverà più avanti sulla terra».  

Alcaraz invece che strada deve seguire per trovare continuità? 

«Dopo la sconfitta di Indian Wells ha ammesso di aver gestito male l’avvicinamento al match. La gestione delle aspettative è fondamentale per trovare solidità. Rallentare in campo non è automatico, anche perché rischierebbe di sacrificare alcuni dei suoi punti di forza, come le accelerazioni e l’aggressività. Ciò su cui dovrebbe concentrarsi è trovare un maggiore ordine tattico per incanalare meglio il suo estro». 

Capitolo coach: Vagnozzi avrà davvero bisogno di qualcuno per il post Cahill? E si aspettava che Berrettini si affidasse unicamente a Bega? 

«Jannik è molto giovane, ma già estremamente consapevole, e lo stesso si può dire di Matteo. Parto da Berrettini, un ragazzo aggiunge una figura nuova solo se pensa possa dargli un beneficio importante, non prende qualcuno per fare numero. Vagnozzi credo che abbia tutte le qualità per gestire Sinner da solo, ma a lungo potrebbe diventare pesante. Trovare una figura con cui dividere il peso e le responsabilità potrebbe essere una scelta utile». 

Chi sarà il prossimo a trovare una continuità degna di Sinner? 

«La carriera di un tennista è come il grafico di un elettrocardiogramma: non è mai piatto, ci sono alti e bassi. Basta poco per vincere o perdere una partita, a meno che tu non sia di un altro livello come Jannik. Lo scorso anno mi aveva sorpreso Zverev. Adesso, tra i vari Fritz, Rublev, Medvedev e altri, non vedo spiccare nessuno, credo si alterneranno spesso. Quello che vedo meglio è Draper, non perché abbia vinto, ma perché i suoi periodi difficili sono stati influenzati da problemi fisici. Lui ha margini per farsi strada». 

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