ROMA - «Le parole di Alcaraz non le percepisco come una cosa positiva. La nostra generazione non parlava di alcune cose. Tra lui e Sinner chi vincerà di più? Oggi verrebbe da dire Jannik, ma siamo solo al primo giro della gara». Dal gesto tecnico in campo alla psicologia, sempre più determinante fuori, Ivan Ljubicic ha ovviamente tutti gli strumenti per analizzare a 360° tutto ciò che riguarda il circuito. Ex numero 3 del mondo ed ex coach di Roger Federer, da anni voce e opinionista di Sky Tennis, è uno dei riferimenti più amati dagli appassionati italiani. Alla vigilia degli Internazionali BNL d’Italia, il croato affronta i temi più caldi: dal ritorno in campo di Jannik Sinner al documentario Netflix su Carlos Alcaraz, che ha svelato alcune fragilità del campione spagnolo.
Ferrero ha svelato di non vedere in Alcaraz l’ossessione dei Big 3 e di dubitare che possa diventare uno dei migliori di sempre. Condivide queste parole?
«Sicuramente mi pongo le stesse domande di Juan Carlos. Se parliamo di giocatori che hanno fatto la storia, posso garantire che erano tutti ossessionati dal tennis: questo gioco era la loro vita. È evidente non sia così per Alcaraz, è un ragazzo particolare e diverso in questo. Si possono vincere 20 Slam senza essere completamente assorbiti dal tennis? Sono curioso di scoprirlo ed è anche per questo che seguiamo il circuito».
Da avversario lei percepiva che Rafa, Nole e Roger, quest’ultimo lo ha anche allenato, avessero un’ossessione diversa dalla sua?
«Io ero un po’ simile a loro nel modo in cui la vivevo. In generale i tennisti della nostra generazione parlavano meno di alcune scelte e difficoltà personali. Onestamente non credo che quella di Alcaraz sia un’uscita positiva. Però ognuno segue il proprio percorso e sa come trovare stimoli per migliorarsi».
Se dovesse scommettere, tra Sinner e Alcaraz chi vincerà più Slam?
«Oggi ti direi Jannik, ma siamo davvero al primo giro della gara. Sono testa a testa e Carlos è più giovane di due anni: è davvero lunga. Vedendo ciò che sappiamo in questo momento Sinner sarebbe la risposta più facile, ma nel tennis le cose mutano quindi sarà un bel viaggio».
Un viaggio che per Sinner riparte qui a Roma. Cosa si aspetta?
«Per me tutto sommato questo stop è una cosa positiva. Jannik si è allenato in campo, è vero non con tutte le libertà, e sul piano fisico. Quindi torna fresco e mettendosi finalmente questa storia della sospensione alle spalle. Nei prossimi mesi avremo tre Slam e tanti Masters 1000. Sono fiducioso perché, come dicevo, Sinner arriverà riposato e fresco. Magari non vincerà tutti i tornei, ma qualcosa di bello succederà sicuro».
Adesso che è in Top 10 di partite potrà vincerne tante anche Musetti.
«Lorenzo è sempre più maturo e ha trovato un equilibrio che gli permette di vincere match in modo efficace, andando al sodo e restando competitivo per tutta la durata della sfida, cosa che non sempre capitava. Era quello che ci aspettavamo e con le dovute proporzioni è ciò che attendiamo anche da Alcaraz, maturare una capacità di vincere più partite in modo sporco».
Di Cinà che idea si è fatto? Sarà lungo anche il suo percorso?
«È un ragazzo giovane, appena uscito dai tornei junior e alle prime partite importanti. È presto per parlare di Cinà come giocatore, deve fare le sue esperienze. Vediamo caratterialmente come gestirà le prime attenzioni e il momento in cui arriveranno i soldi e la sua vita cambierà. La famiglia alle sue spalle però è solida e tennisticamente non vedo perché non debba crescere».
La combo social, sponsor, glamour e soldi quanto in fretta cambia la vita di questi ragazzi?
«Troppo, cambia tutto molto più velocemente di prima. Rispetto a quando giocavo è più immediato, alle prime vittorie esplode tutto da un giorno all’altro. I social, gli sponsor e i soldi non sono cose facili da gestire, i primi mesi non è facile rimanere con i piedi per terra».
Gli Internazionali quanto sono cresciuti e migliorati rispetto a quelli che giocava lei?
«È un evento su cui si investe e che continua a crescere. Roma presenta da sempre delle sfide logistiche, ai miei tempi non c’erano campi da allenamento e non era facile organizzarsi; oggi gli spazi per giocatori e spettatori sono sempre più ampi. Gli Internazionali hanno ambizioni importanti e non stanno dietro a nessuno».
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