"Vai sereno, sono in macchina". Il viaggio di Paolo Bertolucci non si prevede breve e i minuti che ci concede si moltiplicano. Per fortuna. Perché chiacchierare con personaggio come lui, una sorta di archivio storico del tennis è un piacere unico. Al fianco di Adriano Panatta ha vinto tanto in campo (la Davis del '76 in Cile è solo il trofeo più importante) e ora lo fa anche dietro un microfono o una telecamera. Con il compagno di doppio ha condiviso la vita ("Siamo una famiglia, ormai") eppure all'inizio non fu tutto rose e fiori. Oggi, a 73 anni, Bertolucci e Panatta finalmente decidono di apparire insieme in un programma su Sky dal titolo "Tennis Heroes: Panatta&Bertolucci". Non era mai successo.
Meglio tardi che mai, Paolo. Perché ci avete messo tutto questo tempo?
E che ti devo dire, forse non ci volevano. Dopo anni passati a combattere insieme in campo io oggi sono a Sky e Adriano in Rai, quindi non era facile perché siamo concorrenti. Perché nel titolo c'è prima Panatta? Vabbé, ha vinto di più e poi l’idea è stata di Adriano e questo programma poteva essere fatto solo su Sky. Lo abbiamo proposto ai dirigenti che hanno accettato e abbiamo deciso di impostare questo tipo di programma insieme a Stefano Meloccaro coinvolgendo anche l'intelligenza artificiale. Ci siamo divertiti tantissimo.
Saranno dieci puntate, giusto? Di chi parlerete?
La prima è già disponibile, abbiamo raccontato Bjorn Borg secondo la nostra esperienza personale, con quel fenomeno abbiamo condiviso tanti momenti sul campo e fuori, purtroppo per lui (ride, ndr.). Poi ci sarà spazio per altre leggende come McEnroe, ad esempio.
Sull'argomento ci torneremo dopo. La vostra amicizia nasce molto tempo fa, a Cesenatico nel ‘62 se ho letto bene. Ma non c'è stato un colpo di fulmine tra voi due, giusto?
All’inizio Adriano mi stava sull’anima. La prima volta vidi questo ragazzo pariolino col ciuffo che aveva il seguito dietro mentre io venivo da un paesino toscano a solo con mia zia e senza i miei genitori che non mi avevano accompagnato. L’inizio fu traumatico e la cosa andò avanti per un po'. La svolta arrivò nel centro federale di Formia. In questa sorta di college ci siamo ritrovati a vivere assieme: andavamo a scuola la mattina e il pomeriggio ci allenavamo. E lì siamo diventati indivisibili.
C’è stata una sconfitta contro Adriano che ti ha fatto male in modo particolare?
Mi ricordo di una volta a Bologna, un 7-5 al quinto set che mi fece rosicare. Ma per il resto no. Rimaneva tutto nell’ambito familiare e poi lui era molto forte.
Torniamo al programma. La puntata su Borg è bellissima ma vedendola affiora un pizzico di rammarico pensando che un giocatore così abbia smesso a 26 anni. Quanti trofei avrebbe potuto vincere ancora?
Lui avrebbe vinto altri 5 o 6 Slam senza problemi. Lui è stato uno stakanovista pazzesco, un professionista esemplare fino a quando non ha conosciuto Panatta che l’ha portato sulla cattiva strada e da lì è cominciato il tracollo dell’atleta (nuova risata, ndr.). Ha mollato la moglie rumena e ha cominciato a scoprire altre passioni, è diventato pure bravo a ballare. In sintesi, la colpa è stata di Adriano.
Voi raccontate anche un Borg sorprendente: misterioso e tenebroso davanti alle telecamere ma un po' 'cazzone' fuori. Il racconto di quando lo portavate in giro per negozi a fargli cambiare il guardaroba è quasi incredibile...
Lui portava questi sandali assurdi, inguardabili e aveva sinceramente un look rivedibile. Si divertiva solo con noi forse perché eravamo italiani. Quando stava con noi si trasformava. Mi ricordo che dopo le partite, che di solito vinceva, ci chiamava: “Stasera facciamo room service in camera mia”. E noi gli rispondevamo: “Ma quale room service, noi andiamo a un ristorante che conosciamo”. E lui si aggregava e usciva con noi. Ma la verità è che la maggior parte delle volte io e Adriano lo mollavamo e andavamo da soli.
Un giovane Borg dice all’inzio della puntata una frase che mi è rimasta impressa: “Non ho un idolo, perché so di poterli battere tutti”. Secondo te i tennisti di oggi una frase del genere continuano a dirla?
Non lo so, ma io credo che un tennista che si affaccia oggi a livello internazionale non può non avere Nadal, Federer o Djokovic in testa come punti di riferimento. E poi di Borg non è che ne nascano ogni anno.
Tu chi avevi come idolo? Non mi dire Panatta, eh...
A me piace piaceva molto Tony Roche, australiano, mancino, giocatore molto tenace.
l campioni del tennis che raccontate voi due nel programma non sono accostabili a quelli di oggi, soprattutto per un motivo: i soldi. All’epoca non ne giravano tanti, oggi si gioca uno sproposito a ritmi di gioco elevatissimi e si finisce per infortunarsi con maggiore frequenza. Questo chiaramente influenza tantissimo il percorso di un atleta verso la storia. I soldi quindi rischiano di rovinare anche il tennis?
Ma questo vale per tutti gli sport, mica solo per il tennis. Guarda il calcio e prendi Gianni Rivera: uno che gioca oggi ai suoi livelli guadagna un'infinità di più. Prende cifre che Gianni poteva solo sognare. I ritmi sono diversi, il tennis è diventato uno sport senza confini, c’è la tv che detta legge, è cambiato tutto. C’è però un grosso vantaggio per il tennista, ovvero quello di essere ripreso per ore e ore in primo piano dalle telecamere durante una partita. Questo permette all'atleta una riconoscibilità che non puoi ritrovare negli sciatori o nei piloti di MotoGp, ad esempio. E la fama, come è facile immaginare, genera guadagno.
Sempre legato al mondo dei soldi c’è un fenomeno disgustoso molto in voga in Italia, quello degli scommettitori a bordocampo che cercano di condizionare le partite. Cosa si puó fare per impedirlo?
Oggi li possono buttare fuori, prima non era possibile. Il vantaggio del tennis è che è uno sport silenzioso: se l’arbitro sente qualcuno che urla o tossisce di proposito, può richiamare la security e far cacciare via il disturbatore. Esattamente come succede all’estero quando qualcuno beve un po’ troppo. Purtroppo in Italia certe scene le vediamo in tornei minori (molto minori), speriamo di non esportare questa "chicca" anche altrove ma temo che accadrà presto.
A proposito di Italia. Ma nel programma parlerete anche di Sinner?
Ci sarà grande spazio per gli italiani, ad esempio faremo una puntata sui pallettari e una sugli attaccanti. Ma no, non ne abbiamo fatta una né su Sinner e né su Musetti. Speriamo di potergliela dedicare tra una quindicina d’anni.
Sinner può arrivare ai livelli di Borg, secondo te? C’è chi dice che gioca in un’era in cui non ci sono molti rivali alla sua altezza. Una mancanza di concorrenza che lo avvantaggerebbe...
Quello lo dicevano anche quando esplose il mito di Federer. Nel tennis ci sono dei momenti nei quali c’è un ingolfamento di fenomeni tutti insieme e altri (che magari durano un paio d’anni) in cui ci sono buoni giocatori e niente più. Speriamo che arrivi anche Musetti tra i fenomeni a rompere il duopolio attuale tra Sinner e Alcaraz.
Parliamo del rovescio a due mani: all’epoca ce n’erano pochi, oggi i ruoli si sono invertiti e il rovescio a una mano è diventata un'eccezione ma ce n’è uno che ancora resiste, è italiano e fa faville. Musetti può vincere gli Internazionali?
Certo che può vincerli, sono rimasti in quattro e non penso proprio che Paul possa arrivare fino in fondo. Musetti è un giocatore che ha alzato il livello in modo pauroso, lo abbiamo visto in finale a Montecarlo contro Alcaraz, un match giocato alla pari con lo spagnolo. Di sicuro Carlos ha più esperienza ma è anche incostante. Vediamo se Alcaraz riuscirà a gestire la pressione del giocare in trasferta con tutto il pubblico di Roma contro. Di sicuro un po' ne verrà condizionato. Tutto può succedere, di sicuro sarà un match da gustarsi e l'esito non è per nulla scontato.