«Sono felice per il trionfo di Amburgo e per il mio Roland Garros, in particolar modo per il percorso che mi ci ha portato. Fino al Challenger di Torino non era stato un periodo bellissimo, anche se mi ero ritrovato con l’inaspettata vittoria a Bucarest. Questo è un anno di assestamento in circuito dal livello altissimo. Sinner-Alcaraz? Entrambi vogliono vincere a tutti i costi. Mi aspetto una sfida spettacolare». Come tantissimi appassionati, Flavio Cobolli attende con curiosità la finale del Roland Garros; torneo dove è approdato al terzo turno, prima di cedere al 3 del mondo Zverev. Un inizio complicato di 2025 poi, nel momento più inatteso, sono arrivati i primi due titoli ATP della carriera: Bucarest (ATP 250) e Amburgo (ATP 500). Un promemoria perfetto di quanto il tennis sia mutevole. Ieri è stato ospite all’ATV Legends Open, dove ha preso parte a un’esibizione in formato match tie-break assieme a Vincenzo Santopadre, affrontando la coppia formata da Potito Starace e da Paolo Lorenzi, che si sono aggiudicati la sfida per 10/2 10/8. Attualmente numero 26 del mondo e terzo italiano del ranking, Cobolli ha raccontato la sua stagione e le aspettative per l’atto finale a Parigi.
«Ero il primo a non essere contento di come era partito il 2025, ma non è mai scontato vincere partite, anche quando stai bene. Tanti colleghi stranieri sostengono che, a causa dei grandi risultati di Jannik e Lorenzo, in Italia ci siamo fatti l’idea sbagliata che si debba sempre vincere e che ciò metta più pressioni. A volte sconfitte al primo turno vengono accolte come inaspettate e per me questa cosa è un po’ sbagliata, ma ognuno ha il diritto di esprimersi. In campo però diamo davvero tutto, quindi non è facile perdere sei o sette partite di fila e a volte certi commenti non aiutano».
Non le chiedo di sbilanciarsi su un favorito, ma cosa si aspetta dalla finale tra Sinner e Alcaraz?
«La guarderò in televisione e mi attendo una bellissima sfida. Quando giocano contro, non vedi mai la stessa partita. Amano studiarsi a vicenda, soprattutto Jannik che, avendo perso le ultime quattro, avrà una motivazione in più e farà di tutto per metterlo in difficoltà. Io auguro buona fortuna a tutti e due, poi, da italiano, spero vinca Sinner».
Carlos ha vinto a Roma e sulla terra sembra avere qualcosa in più. Ma, a differenza di Jannik, a volte gli si rimproverano i passaggi a vuoto.
«Lui l’ha detto: gli piace giocare per il pubblico e gioca per divertirsi. Questo non toglie che sia un giocatore formidabile, dalla garra immensa. Non sembra, ma siamo giovani e dei passaggi a vuoto possono capitare a tutti. A volte dall’esterno questa percezione viene accentuata. Carlos e Jannik vogliono vincere il Roland Garros a tutti i costi e conoscendoli non penso vedremo tanti cali di concentrazioni. Sarà una grande battaglia».
Musetti lo scorso anno ci disse: «Se alla mia età non giocassi per diventare numero 1, forse dovrei smettere». Condivide questo discorso? E qual è, secondo lei, il giusto equilibrio tra l’ossessione per il campo e ciò che c’è fuori?
«Sono d’accordo con Lorenzo, capita spesso, lui è un ragazzo d’oro e ragioniamo in modo simile. A questi livelli tutti noi giochiamo per diventare numeri 1, anche se è un traguardo che non tutti potranno conseguire. Io proverò ad avere la miglior carriera possibile, pensando un passo alla volta, senza crearmi troppe aspettative con il rischio di prenderla male. Voglio vivere il tennis come un lavoro divertente, che non mi tolga più di quanto già faccia: la lontananza dalla famiglia e dalla fidanzata, il duro lavoro in campo, l’alimentazione e gli impegni. Questo sport deve restare pura passione».
A proposito di passione: giocare questa esibizione, con il pubblico romano che le parla durante i punti, che effetto fa oggi?
«Vincenzo è il mio padrino di battesimo ed è stato sempre un sogno giocare un doppio con lui. Ce l’ho fatta e mi sono divertito moltissimo. Cose come questa fanno bene».