Guardate questa immagine, guardatela bene. E ora chiediamoci: è più grande l'orgoglio per l'impresa che Sinner ha sfiorato in terra parigina o brucia di più il rammarico per ciò che poteva essere e purtroppo non è stato? Perché alla fine la differenza l'hanno fatta dei semplici centimetri. Uno, forse due. Niente di più. Quella è stata la differenza tra la gloria e il dispiacere. Ci siamo svegliati tutti più tristi stamattina tranne Alcaraz (ovviamente), gli spagnoli, i francesi e quella manciata di italiani con la sciarpa di Carlos perché "Jannik paga le tasse in Italia".
Jannik meritava un altro finale
La verità è che questa finale brucia da morire. Ed è una sensazione bruttissima, soprattutto il giorno dopo. Perché è stata una finale epica senza il finale epico che tutti noi meritavamo. Lo meritava Sinner in primis, perché tornava dopo un ingiusto purgatorio di tre mesi e se l'è comunque giocata fino all'ultimo respiro e con le gambe che non lo reggevano quasi più contro il suo rivale più forte sulla superficie preferita dallo spagnolo e con un pubblico antisportivo che gli urlava contro (come era la storia dei tifosi italiani agli Internazionali? Applausi a Jannik che gli ha insegnato cosa vuol dire essere dei signori). Lo meritavano Cahill e Vagnozzi per il lavoro che stanno facendo con quel fenomeno dai capelli rossi che rispondeva colpo su colpo ad un avversario che si metteva il dito vicino all'orecchio per aizzare il pubblico. Lo meritava la storia del tennis italiano che uno come Sinner lo ha aspettato per decenni. E noi ci abbiamo creduto quando eravamo avanti di due set. Ma...
Cinque ore e mezza e a decidere è stato un centimetro
... Ma alla fine ha vinto l'altro fenomeno. E non possiamo dire che non se lo sia meritato. Perché anche Carlos ha fatto una partita da mostro. Lo sapevamo che uno come lui non perde al Roland Garros in tre set. Tutti eravamo sicuri che avanti 2-0 la finale sarebbe stata ancora apertissima. E così è stato fino a quel maledetto 5-3, 0-40 del quarto set. Lì la storia poteva davvero cambiare. Carlos era alle corde, non tirava più come sempre, rimetteva dall'altra parte e basta. E qui entra in gioco la storia del centimetri. Palla nel corridoio di un centimetro, poi palla oltre la linea di fondo per un centimetro. Poi ancora un errore. 40-40. Ed è l'ennesimo switch mentale di una partita che diventa una sfida di scacchi. Il talento non c'entra, in scena c'è solo la testa. Jannik spreca i match point, perde il servizio successivo, perde il tie-break. E si va al quinto. Sembra una mattanza con Carlos che prende subito un break.
"Non ce la fa più, è finita". Lo pensiamo tutti tranne Jannik. Lui è il numero uno al mondo e lo dimostra. Si tiene in scia e strappa il servizio ad Alcaraz quando lo spagnolo serviva per il torneo. Eravamo 5-4 al quinto per lui, ci ritroviamo 6-5 per noi. Ora è il toro spagnolo a dover tenere il servizio e il mindgame gira a favore di Sinner. Il pubblico non urla più. Lo ha ammutolito Jannik. I francesi hanno paura più di Carlos. Si arriva ai vantaggi e Jannik torna vicinissimo alla vittoria (due punti, due maledettissimi punti). Forse la coppa è più vicina ora di quei tre match point. Alcaraz si salva con il servizio e va al super tie-break. Lì Jan non ne aveva più e perde la finale più lunga del Roland Garros.
Cosa ci ha insegnato la finale persa da Sinner al Roland Garros
Ma cosa ci insegna questa finale? Tre cose:
1) Il divario tra Jannik e Carlos a parità di stato di forma si è assottigliato. Alcaraz al top della condizione sembrava ancora più forte dell'italiano. La sensazione netta dopo la maratona di ieri (sulla superficie preferita di Carlos, ribadiamolo) è che questo racconto stia pian piano perdendo di credibilità.
2) Il servizio. Jan lo ha migliorato ma le percentuali di prime palle nei momenti cardine sono ancora il suo tallone d'Achille. Il servizio lo ha abbandonato nel momento del bisogno e in questo Carlos gli è stato superiore. Poco da dire.
3) Le scelte a rete, c'è ancora confusione. Sinner da fondocampo è un palleggiatore senza eguali e ha migliorato in tantissimi aspetti ma ci sono stati dei passaggi ieri dove la discesa a rete era naturale e lì a volte è andato in confusione. Un altro aspetto da migliorare.
Per il resto solo applausi misti a tanta, tantissima rabbia per quello che poteva essere e non è stato. Per una questione di centimetri, appunto.
PS: Tra le mossette di Spike Lee (col cappello con le mazze da baseball nel tempio del tennis, vabbé) e le urla sguaiate del cafonissimo Odell Beckham Jr., onore a Dustin Hoffman, l'unico spettatore vip ieri al Roland Garros che ha fatto la figura da vero signore. Oltre a Stefan Edberg, ma lui non fa testo...