LONDRA (INGHILTERRA) - "Basta con l'obbligo delle maglie bianche, inseriamo i numeri sulle magliette dei giocatori come avviene negli altri sport". La proposta, provocatoria, arriva direttamente da Billie Jean King, eroina del tennis femminile che, oltre a vincere tutti i titoli nei campi di tutto il mondo, è stata la prima a battersi per equiparare i premi delle giocatrici a quelli dei colleghi uomini. Intervistata dal quotidiano britannico 'The Telegraph', l'81enne staunitense, ex campionessa del tennis mondiale, spiega i motivi della sua ultima campagna il cui movente è principalmente economico: "Stiamo perdendo milioni e milioni a causa dell'obbligo delle divise bianche. I numeri sono davvero importanti. È così ovvio. Prendete ciò che gli altri sport stanno facendo e pensate a ciò che alle persone piace degli altri sport".
Wimbledon, Billie Jean King e il 'bianco': "La tradizione si può cambiare"
"La tradizione si può cambiare", sottolinea la King riferendosi allo storico color bianco, simbolo del torneo londinese. "Vorrei avere abbigliamento con i loro nomi sul retro in modo da fare soldi. Il torneo farebbe soldi, tutti farebbero soldi. Stiamo perdendo milioni e milioni a causa di questo". L'obbligo della divisa bianca è inserito nel regolamento del circolo tennistico più esclusivo del mondo. I completi di giocatori e giocatrici non possono infatti avere disegni con l'eccezione di un unico bordo colorato intorno allo scollo e intorno al polsino delle maniche non più largo di un centimetro. Anche le scarpe devono essere quasi interamente bianche, suole comprese, così come gli indumenti intimi. E sono sempre necessari standard comuni di decenza. Un dress code rigido ma immutato negli anni nonostante alcune, clamorose, eccezioni.
Wimbledon, le 'ribellioni' di Federer e Agassi
Celebri, in passato, i tentativi di ribellione di alcuni dei più grandi giocatori del mondo: nel 2013 Roger Federer indossò scarpe con la suola arancione: un azzardo che gli costò una multa salatissima. Il caso più eclatante riguarda però ad André Agassi: il campione statunitense rinunciò a partecipare al torneo perché non poteva indossare la sua maglia. Un episodio storico che contribuì a creare l'immagine di 'ribelle' e anti-sistema che il campione made in Usa si costruì nel tempo.