Centri sportivi contro l’ipotesi chiusura: "Lo sport non merita demonizzazioni, aiuta la salute"

Gianpaolo Duregon, Presidente di Anif (l’associazione che li raggruppa): «Chi fa sport è abituato, per cultura, ad avere cura di sé stesso e degli altri. Non a caso nei circoli l'incidenza del contagio è inesistente. E non possono paragonarci alla movida senza controllo. Basta con questa campagna mediatica»
Centri sportivi contro l’ipotesi chiusura: "Lo sport non merita demonizzazioni, aiuta la salute"
Pasquale Di Santillo
7 min

È davvero singolare questo accanimento mediatico, concettuale, nei confronti dello sport e di chi lo pratica tutti i giorni. In un Paese che al momento sa solo parlare con ansia di nuovo lockdown, dopo aver riaperto le discoteche e le frontiere in estate, senza porre barriere e controlli seri. Così dopo la caccia ai runners della prima ondata di Covid, adesso monta quella più sottile della chiusura delle palestre e soprattutto delle attività. Al momento, sono più spifferi, voci, che azioni concrete, vista la presa di posizione del Ministro Spatafora. Ma non è escluso che qualche “scienziato” integralista ritenga sia questa la strada da seguire. Così mentre Ronaldo litiga con il Ministro, la Pellegrini e Valentino Rossi annunciato la loro positività al virus, c’è chi teme si neghi un’evidenza, questa sì, scientifica. Visto che è risaputo quanto lo sport, l’attività motoria rafforzi le nostre difese immunitarie, muro coadiuvante nella lotta al Covid. Tanto più se praticato nei centri sportivi che tra maggio e giugno hanno investito tempo, energie e risorse per garantire la sicurezza con tutti i processi di disinfezione e sanificazione dei propri soci, previsti dal protocollo governativo.

BENESSERE & SALUTE. «I centri sportivi hanno dimostrato di essere in prima linea per la salvaguardia della salute e della sicurezza - spiega Gianpaolo Duregon, Presidente dell’Anif, l’Associazione Nazionale Impianti Sportivi e Fitness - grazie a protocolli di sicurezza validati scientificamente. Eppure non si ferma la campagna mediatica che ne annuncia un’imminente chiusura, creando panico e diffidenza nell’opinione pubblica. O, peggio ancora, dipingendo i centri sportivi solo come luoghi di aggregazione sociale, come se lo sport fosse un passatempo a cui si può rinunciare senza effetti collaterali, al pari di una cena fra amici. Rappresentiamo un comparto che conta in Italia circa 100.000 impianti tra palestre, piscine e campi. Siamo la forza motrice che alimenta il benessere psico-fisico della nostra società, senza distinzione di età o di livello sportivo. Nei nostri centri si allenano gli atleti che portano alto l’onore dell’Italia nelle competizioni internazionali, si avviano allo sport i bambini, si fa pratica sportiva per i giovani e gli adulti, si tengono attivi gli anziani e soprattutto si insegna uno stile di vita sano! Ecco perchè, come risulta da un’indagine statistica svolta da ANIF su un vasto numero di centri sportivi, tra gli sportivi c’è un tasso di contagi nettamente pi? basso. Non è di certo un caso, questo è un effetto della maggiore attenzione che gli sportivi avevano gi? prima del COVID, ma ancora di più con l’insorgere della pandemia».

SPORT COME ANTI-COVID. Già, la cultura del benessere, in realtà è la prima arma contro qualsiasi patologia. L’attivit? fisica è in grado di prevenire il rischio di tumori del 20-40%, di combattere le malattie cardiovascolari o quelle malattie legate alla sindrome metabolica, il diabete. Tanto che si stima che 3 milioni di persone, ogni anno, potrebbero salvarsi la vita solo facendo sport (parliamo di dati OMS). In Italia un bambino su tre è obeso o in sovrappeso, e la sedentarietà è responsabile del 14,6% di tutte le morti in Italia, pari a circa 88.200 casi all’anno, e di una spesa in termini di costi diretti sanitari di 1,6 miliardi di euro annui (sempre dati OMS). E, a guardare bene, si tratta delle stesse patologie che più concorrono al peggioramento del quadro clinico di un soggetto affetto da COVID-19.

Eppure, nonostante tutti questi numeri, queste certezze, statisticamente provate si continua a minacciare la chiusura delle palestre. E a nulla è servito anche l’ultimo DPCM del Governo, a inizio settimana, che ha confermato quanto infondati siano questi toni allarmistici. Un decreto in cui, come ha sottolineato lo stesso Ministro Vincenzo Spadafora, ha vinto lo sport in sicurezza, legittimando i centri sportivi come luoghi in cui i cittadini possono praticare, in totale sicurezza, l’attivit? fisica.

SERVE TUTELA. Lo sport, anche quello di contatto, secondo il DPCM, può quindi essere praticato in tutte le strutture affiliate a Federazioni o Enti di Promozione Sportiva perchè sono soggette al rispetto di norme sanitarie fissate dall’Istituto Superiore di Sanit? e dal Ministero dello Sport. In queste strutture, gestite da ASD o SSD, la partita di calcio come l’aerobica avviene in un contesto in cui lo staff, dalla reception agli istruttori, controlla costantemente il rispetto del protocollo di sicurezza.

Il DPCM del 13 ottobre, accanto alle nuove misure di contrasto alla pandemia, ha riconosciuto allo sport dilettantistico questi sforzi e l’idoneità ad aprire e non a chiudere le porte.

Il settore, insomma, forte delle stesse parole del Ministro dello Sport, richiede la tutela e la difesa per chi sta giocando un ruolo chiave nella promozione della salute e di sani stili di vita, non certo riducibili a semplici luoghi di aggregazione, alla stregua di locali della movida. Nei centri sportivi, la socialità è solo un parte di un percorso deputato alla salute e al benessere.

NO ALL’ALLARMISMO. «Da un lato le istituzioni stanno riconoscendo il nostro importante ruolo al fianco della salute pubblica. Dall’altra alcuni media stanno portando avanti una campagna di terrore contro i centri sportivi - insiste Duregon -. In questi giorni molti quotidiani e portali d’informazione hanno lanciato titoli allarmistici ai limiti della diffamazione. Si tratta di un’azione dannosa nei confronti di tutti i centri sportivi che, con grande fatica e sacrificio, si sono dovuti risollevare dopo tre mesi di chiusura perdendo la stagione migliore (dal punto di vista dei rinnovi delle quote di frequenza) e dovendo restituire il periodo non goduto a tutti gli iscritti. Creare quindi un nuovo clima di paura e allontanamento dalla pratica sportiva significherebbe, non solo creare un danno enorme alla salute dei cittadini, ma anche un danno economico senza precedenti: un intero comparto della nostra economia morirebbe inesorabilmente».

Un dato su tutti: «Nei sei centri del nostro Gruppo - conclude Duregon - circolano circa ventimila persone, senza considerare l’indotto, intendo ad esempio i genitori dei ragazzi dei corsi nuoto. Ecco, da inizio settembre abbiamo avuto comunicazione di soli 10 casi di positività al Covid, per giunta asintomatici. E ovviamente nessuno sa dove l’ha contratto». 

 Diciamo la verità, fermare lo sport sarebbe un fallimento e una perdita di valori per i cittadini e per un Paese che non può privilegiare lo “sballo” di qualsiasi tipo di movida incontrollata, alla cultura del benessere che cura la salute di chi la pratica.


© RIPRODUZIONE RISERVATA