Cose da uomini, coraggio da donne

Cose da uomini, coraggio da donne© AP
Alessandro Barbano
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Era rimasto giusto il calcio a convincerci che, comunque cambi il mondo, ci sono cose da uomini. La frontiera del civilmente scorretto, o del civilmente corretto a seconda di come la si voglia leggere, è stata violata ieri da un fuscello di nome Barbara Bonansea. La prima volta che si è involata contro la difesa australiana l’ha fermata una spalla in fuorigioco, la seconda e la terza non l’ha fermata nessuno, perché era irrefrenabile. Come Paolo Rossi nell’Ottantadue. A conferma che il genio avrà pure differenze di genere, ma fa lo stesso la differenza.

Così in una domenica afosa di giugno, con le persiane chiuse a difenderci dalla calura e dai rifl essi della luce sulla tv, l’Italia ha scoperto il calcio femminile. E ne ha fatto una nuova passione nazionale. Ma in un battibaleno l’ha scoperto anche la politica. Perché slalomisti vecchi e nuovi del consenso, come Salvini, Fico, Renzi, Zingaretti, Meloni e tanti altri emuli hanno twittato sulla stessa pista per arrivare primi, a dimostrazione di come non è vero che la domenica i politici non hanno niente da fare. Una gragnuola di auguri, abbracci, evviva si è abbattuta sulle azzurre, oscurando per un pomeriggio i pregiudizi della vigilia, secondo cui “però è un altro sport”, o peggio “le più brave sembrano uomini”.

Del maschio questa campionessa segaligna che ci ha portato alla vittoria non ha niente. Ha due gambe e due braccia di asciutta magrezza e il sorriso timido di un calcio in purezza che sembra fatto proprio di coraggio, altruismo e fantasia, come racconterebbe il poeta Francesco De Gregori. Se poi, di fronte a una rimonta conquistata con il coltello tra i denti al novantacinquesimo e tra continui capovolgimenti di fronte, qualcuno obietta che “tatticamente è un calcio da dilettanti”, ci dica se preferisce uno di quei pareggi zero a zero, tatticamente da professionisti, che si vedono in serie A, come Fiorentina-Genoa dell’ultima di campionato.

Le azzurre hanno vinto con il 3-3-4, sfidando ogni dogma maschile del tatticamente corretto. Perché quando si è accorta che la muscolosa muraglia delle australiane non era impenetrabile, l’allenatrice Milena Bertolini ha gettato nella mischia il quarto attaccante. E sbatti, sbatti, il gol della vittoria è arrivato.

Chi volesse apprendere un po’ della sua tattica, ma soprattutto della sua strategia, provi a leggere «Giocare con le tette», un libro di un anonimo di cui la Bertolini figura come curatrice. In quarta di copertina si precisa che non si tratta di una storia del calcio femminile, ma piuttosto di una storia al femminile del calcio. Non sapremo mai se l’ha scritto lei, ma per capire che cos’è davvero il coraggio a molti allenatori maschi varrebbe la pena di leggerlo. Avanti così, Milena.


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