Il predestinato e le speranze

Il predestinato e le speranze
Alberto Polverosi
4 min

I primi 70 minuti di questa partita avevano raffreddato il nostro precoce entusiasmo. Che il gol di Barella, dopo pochi minuti, aveva peraltro contribuito ad aumentare ancora. Invece non era la stessa Italia del 2018. Avevamo in mente una squadra con una bella qualità di palleggio, eccellente sul piano tecnico, aggressiva, veloce, snella nel gioco e agile nelle soluzioni finali e ci siamo trovati di fronte a una squadra che proprio tecnicamente commetteva errori difficili da comprendere e perdonare. Bernardeschi, Piccini, Jorginho sbagliavano troppo negli appoggi e nelle rifiniture. Perfino Zaniolo si è unito, nel finale, al coro stonato degli azzurri. Soprattutto lo juventino, per dare meglio l’idea, stava giocando la partita opposta a quella dell’Atletico: evoluta allora, involuta ieri. Poi però il giocatore più atteso, il bambino di Allegri e Mancini, ci ha restituito il sorriso. Il gol del 2-0 di Moise Kean portava con sé il timbro del bomber, non solo per la conclusione, fredda, esatta, imparabile, ma per il movimento che ha indotto l’assist di Immobile, il taglio con cui ha messo fuori la difesa finlandese. Nella carriera di ogni giocatore c’è un segno, un momento in cui fa capire la sua grandezza, quello è stato il momento di Kean. Lui e Barella hanno segnato i loro primi gol in Nazionale, rispettivamente a 19 e a 22 anni. Di questo Mancini deve essere soddisfatto. Di più, orgoglioso.

Durante quei 70' di evidente e inattesa difficoltà c’era soprattutto un problema di natura tattica: in quel gioco, che i finlandesi per costituzione naturale rendevano molto fisico, Immobile c’entrava poco o niente. Era un attore privo di copione, Mancini lo voleva proiettato nello spazio per dettare più rapidamente il passaggio che Verratti e Jorginho tardavano proprio perché in attesa dello scatto del centravanti. Non sarà sufficiente, al laziale, servire la palla-gol a Kean per evitare la sostituzione. Non solo, quando al suo posto è entrato Quagliarella, l’Italia col doriano ha avuto due palle-gol, la seconda si è stampata sull’incrocio dei pali. Detto per inciso, quelle due occasioni sono arrivate con due spunti di Bernardeschi che finalmente stava recuperando il suo livello.

Queste diverse difficoltà si riunivano nello stesso cronico problema della Nazionale: il gol. Ma se nelle ultime quattro gare del 2018 avevamo segnato pochissimo pur creando una bella serie di occasioni, stavolta abbiamo segnato due gol creando (fino al 2-0) una sola occasione pulita, visto che la rete di Barella era arrivata con un tiro da fuori area deviato nettamente da Väisänen. Era come se avessimo perso il filo d’oro che aveva tenuto insieme questa squadra durante la sua rinascita. L’assenza di Insigne e Chiesa era più pesante di quanto potevamo immaginare, ma quando tornerà Chiesa il ct avrà la possibilità di rifare l’attacco con Kean centravanti.

Per adesso prendiamoci i tre punti, i gol dei ragazzini, il primo passo nelle qualificazioni europee. Non pensavamo di aver risolto tutti i problemi del traumatico post-Svezia, la prima verifica ci doveva servire per trovare più solidità alle nostre speranza di ripresa e se diciamo che dal gioco ci aspettavamo qualcosina di più, non pensiamo di sbagliare. Ma la strada è questa, non va abbandonata. La Nazionale ha tutto per crescere. Ora anche un centravanti.


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