Napoli, Ancelotti: «Siamo l'unica italiana rimasta in Europa. Callejon rimane»

Alla vigilia del ritorno dei quarti di finale di Europa League con l'Arsenal, il tecnico svela la ricetta necessaria a ribaltare il 2-0 dell'andata: «Serviranno cuore, intelligenza e coraggio»
Napoli, Ancelotti: «Siamo l'unica italiana rimasta in Europa. Callejon rimane»© FOTO MOSCA
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NAPOLI - Il 2-0 dell'Emirates Stadium lascia poco spazio alla fantasia: serve un'impresa. Il Napoli riparte da due dati che possono tuttavia infondere ottimismo in vista della gara con l'Arsenal valida per il ritorno dei quarti di finale di Europa League: per 5 volte nelle ultime 7 al San Paolo sono stati segnati almeno due gol senza subirne; l'ultima rimonta dopo un 2-0 subito all'andata, 30 anni in Coppa Uefa con la Juventus, spianò la strada fino alla conquista finale della competizione. Il tecnico Carlo Ancelotti presenta il match in conferenza stampa: «Intelligenza e cuore. Servirà soprattutto tanto coraggio, che nella prima partita è venuto meno. Servirà anche una bella dose di intensità, perché avremo una grandissima opportunità da cogliere attraverso un atteggiamento mentale positivo. Abbiamo deciso che non dobbiamo prendere gol. A volte abbiamo peccato di compattezza. E quando fra difesa e centrocampo si creano spazi, allora per gli avversari diventa più facile infilarsi. Serve maggiore vicinanza tra i reparti».

ARSENAL - Napoli a tre punte? «Sì, è una possibilità». Farete calcoli? «No, però non dimentichiamoci che la partita dura 90'. Questo significa che non dobbiamo per forza segnare nei primi 30 o 15. Dobbiamo e vogliamo tenerla aperta il più possibile. In questo momento siamo l'unica squadra italiana in Europa e spero che lo sia anche venerdì. Il Napoli farà una grandissima prestazione e credo che possa bastare. Ce la possiamo fare». Su cosa non ha funzionato all'andata: «Non siamo riusciti ad uscire dalla loro pressione, abbiamo pagato molto anche il fattore ambientale. Fortunatamente queste condizioni domani non ci saranno, anzi. Avremo uno stadio che ci spingerà tanto e l'appoggio dei nostri tifosi sicuramente sarà importante. Se la squadra gioca bene, allora verrà aiutata dal San Paolo. In caso contrario, no. È necessario fare una prestazione di primissimo livello. Cercheremo di cambiare il nostro stile di gioco. Il risultato di partenza sicuramente non è buono per noi, ma cercheremo di fare meglio e di utilizzare tutte le nostre energie per arrivare in semifinale. Personalità? Aumenta attraverso il gioco. Se giocheremo bene, avremo anche più personalità». 

RITIRO e TIFOSI - I giocatori erano contrariati nel post-Verona: «No, in realtà lo ero io. Poi ci ho riflettuto e ho pensato fosse meglio restare lì. Generalmente, io sono sempre contrario ai ritiri perché un giocatore è meglio che stia a casa piuttosto che dinanzi al pc e sui social». I tifosi, con uno striscione, hanno fatto sapere di "pretendere la Coppa": «Io pretendo il massimo impegno da parte dei miei giocatori. Poi non possiamo garantire il risultato, pur volendolo con tutto noi stessi. Non sono un mago e personalmente il verbo "pretendere" non mi piace». Callejon rimane? «Sì, perché vuole rimanere. Abbiamo avuto dei colloqui, c'è la volontà sia mia che della società di portare avanti il percorso con lui. Ha grande senso di appartenenza e qui è molto importante, è una delle chiavi per conquistare i successi. Quando veste questa maglia sente qualcosa di speciale».

JUVENTUS - Spazio all'eliminazione dei bianconeri: «Cosa insegna la partita dell'Ajax? Che le gare europee, in generale, sono imprevedibili. E' una competizione da dentro o fuori, basta un attimo per essere eliminati. La Juventus non s'è fatta trovare pronta nella seconda parte del match di ieri ed è andata fuori. Giocano molto bene, ma nessuno poteva pensare che sarebbero arrivati fino alla semifinale. Non credo vincerà la Champions, ma forse mi sbaglio. Difendono in maniera individuale, puntano sui duelli, sono bravi. È un calcio propositivo. Ciò che serve è metodo e programmazione. L'Ajax ha da sempre prodotto grandi giocatori e ne siamo giustamente colpiti. Ma in Italia pensare a una programmazione lunga non è permesso perché l'opinione pubblica ti chiede sempre il risultato».


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