Marino D'Amore: "Racconto Pelé perché la sua leggenda non dovrà mai tramontare"

Lo scrittore romano ha pubblicato "Pelé, una promessa è una promessa", un libro per ragazzi che racconta il fuoriclasse brasiliano sotto una prospettiva inedita: "Se avesse giocato oggi, non sarebbe riuscito a fare tutta la carriera al Santos. Si sarebbe piegato alle regole del denaro, come è accaduto con Neymar"
Marino D'Amore: "Racconto Pelé perché la sua leggenda non dovrà mai tramontare"
Simone Zizzari
3 min

Il mito di Pelé raccontato ai più giovani per non dimenticare uno dei fuoriclasse più puri che la storia del calcio abbia mai ammirato. Questo (e molto altro) è “Pelè, una promessa è una promessa”, il libro edito da Armando Curcio Editore scritto da Marino D’Amore che è anche la prima uscita di una nuova collana per ragazzi dedicata ai grandi dello sport. Quella di D’Amore non è solo una biografia di O’Rei ma è un viaggio nella sua persona, nella sua profonda umanità e in un rapporto con il padre che è anche riassunto nel titolo stesso dell’opera. “Durante i mondiali del 1950", ci ha raccontato l'autore del libro, "si affrontarono in finale il Brasile e l'Uruguay. I carioca persero per 2-1 e questa cosa generò il famoso Maracanazo con una serie impressionante di suicidi nel paese. In quel periodo Pelé doveva ancora compiere 10 anni e vide il papà piangere in maniera disperata. Per farlo smettere gli promise in quel momento che avrebbe vinto un mondiale per lui. Ci riuscirà otto anni dopo contro la Svezia di Liedholm segnando un gol che è entrato alla storia come uno dei più belli in assoluto. Il suo pianto finale sarà quello di un ragazzo che ha mantenuto una promessa che aveva fatto con il padre. All'epoca aveva solo 17 anni".

"Racconto l'infanzia di Pelé: un percorso difficilmente replicabile"

L'episodio raccontato da D'Amore è una storia nella storia perché anche il papà di Pelé era un calciatore e per un certo periodo ebbe una discreta popolarità: "Lo ricordano in parecchi grazie ad una partita nella quale riuscì a segnare  cinque gol, tutti di testa. Poi per un brutto infortunio dovette rinunciare alla carriera con ripercussioni sugli indotti economici della famiglia che andò in sofferenza. Ricordo che Pelé imparò a giocare a pallone palleggiando con i frutti che cadevano dagli alberi. La sua infanzia era stata caratterizzata da un'estema povertà. La sua storia, la sua crescita, la sua trasformazione da uomo a leggenda sono impensabili ai giorni nostri. Una volta si giocava per il piacere della sfida e per una sorta di riscatto sociale, oggi si punta solo al guadagno e alla possibilità di comprarsi macchine e gioielli. Sono i segni di un calcio cambiato in profondità e letteralmente stravolto dallo tsunami affaristico che lo ha travolto", ci ha raccontato poi D'Amore

Se Pelé avesse giocato oggi? Ecco come sarebbe andata

Pelé è anche una bandiera, un'icona brasiliana che in carriera (a parte la breve partentesi americana con i Cosmos) ha indossato unicamente una maglia, quella del Santos con il quale disputò 586 partite. Se avesse vissuto ai giorni nostri la sua fedeltà sarebbe stata la stessa? "Non penso sarebbe stato possibile", ha concluso D'Amore. "La nostra generazione ha avuto il privilegio di vivere le ultime bandiere. E' cambiato completamente il contesto socio-culturale di questo sport. Da quando l'economia è entrata in modo preponderante nel calcio, tutto è stato stravolto. Oggi Pelé  avrebbe dovuto obbedire alle dinamiche del denaro. Come Neymar, se fosse arrivata un'offerta cospicua al Santos, avrebbe dovuto piegarsi. Magari sarebbe tornato a casa a fine carriera ma secondo me quelle figure lì non ci potranno mai più essere. Ripeto, noi abbiamo vissuto gli ultimi esempi di fedeltà e attaccamento alla maglia".  


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