Da Lukaku a Maignan fino al caso Acerbi, odio e razzismo in crescita: lo studio

La ricerca di The Fool e 42 Law Firm rende allarmante un fenomeno sempre più diffuso nel nostro calcio. L'hate speech sui social è cresciuto del 26% rispetto alla stagione 2022-23
Da Lukaku a Maignan fino al caso Acerbi, odio e razzismo in crescita: lo studio© ANSA
Giorgio Marota
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Nella stagione 2023-24 di Serie A l’hate speech, cioè tutto quello che riguarda i cosiddetti “discorsi d’odio”, risulta in crescita del 26% rispetto al 2022-23. Lo certifica una ricerca condotta da The Fool e presentata in collaborazione con 42 Law Firm durante una tavola rotonda a Milano. Dallo studio emerge come minacce e insulti sui social siano cresciuti in pochi mesi dal 37% al 41% e come il razzismo sia aumentato dall’11% al 14%.

Con particolare riferimento agli ultimi e travagliati mesi del nostro calcio, la ricerca ha presentato diversi casi emblematici. Come quello di Jankto, che il 13 febbraio 2023 ha pubblicato un video in cui ha dichiarato di essere omosessuale, diventando il primo calciatore in Italia, in attività, a fare coming out. Questo ha scatenato un atteggiamento ostile (“Deve giocare per volontà delle lobby”, “era meglio se stava zitto”, “sarà un campionato pieno di falli” alcuni tra i vergognosi commenti sulle piattaforme) e di scherno. Anziché stigmatizzare certe esternazioni, diversi media le hanno in qualche modo assecondate al punto che le parole più associate sui social al calciatore hanno riguardato proprio la sua sessualità e non le prestazioni in campo. Nell’ultimo anno sono stati pubblicati 150 articoli online dove il nome del centrocampista del Cagliari era presente nel titolo associato all’omosessualità e il 40% delle reactions social agli articoli sono state delle risate, con un 15% di emoticon della rabbia.

Particolarmente significativa, in questo senso, anche la vicenda Acerbi-Juan Jesus. Nei confronti del difensore dell’Inter, non condannato dalla giustizia sportiva per insufficienza di prove, si è scatenato un odio profondo da parte degli utenti, che The Fool e 42 Law Firm evidenziano in diversi commenti. Eccone alcuni: “Dopo quello che ti è successo dovresti essere una persona buona e invece sei rimasto una m…”, “nemmeno un tumore ti ha fatto uomo”. A soli 3 giorni dal fattaccio in rete troviamo più di 800 insulti ed ironie che fanno riferimento alle conseguenze del tumore di Acerbi e il post Instagram con il quale nel 2021 il difensore della Nazionale festeggiò la vittoria dell’Europeo è stato travolto da un’ondata di oltre 3 mila commenti negativi, il 77% dei quali di insulti generici, il 15% con accuse di razzismo e il 4% con riferimenti alla sua malattia.

Tra i più bersagliati della Serie A c’è il centravanti della Roma Romelu Lukaku, spesso in prima fila per combattere il razzismo e in diversi casi vittima di insulti e ululati da parte di altre tifoserie. Insieme a Big Rom negli ultimi mesi è finito nel mirino degli odiatori pure Maignan in seguito all’episodio della sospensione della gara tra Udinese e Milan per gli insulti razzisti con successiva emissione di Daspo e chiusura dei settori dello stadio friulano.

Anche il mondo femminile, considerato dai più ancora un’oasi di normalità, non è immune dal problema. La centrocampista del Venezia Agata Centasso sia nel 2021 che nel 2024 è stata a vittima di insulti sessisti sia sui social: nel suo caso, la festa della donna e gli articoli sui commenti sessisti diventano ulteriori occasioni per insulti. Durante gli ultimi Mondiali femminili del 2023 la Fifa ha denunciato come oltre 150 calciatrici siano state vittime d’insulti sul web: un numero altissimo e preoccupante. Sono stati registrati, infine, oltre 300 insulti sessisti contro la guardalinee spagnola Guadalupe Porras, protagonista di uno scontro accidentale con un cameraman durante la sfida tra Betis e Athletic Bilbao a fine febbraio: la sua foto con la faccia insanguinata ha fatto il giro del mondo e alcuni utenti hanno reagito ai post scrivendo commenti come “non c’è posto per le donne nel calcio” invitandola a “tornare in cucina” “a fare il sugo” o “a preparare la sfoglia”.

“Oggi il mondo dello sport e dell’informazione sportiva, che passa sempre di più attraverso le piattaforme di social network, presenta fenomeni di odio crescenti - ha commentato Andrea Cavalloni, partner di 42 Law Firm - Molti casi di cronaca mostrano come l’hate speech rappresenti un condizionamento per chi utilizza i social media e apre le porte a una serie di considerazioni sul fronte della diffamazione, dell’anonimato e della necessità di promuovere un’informazione digitale sostenibile, prevenendo casi di discriminazione, violenza e razzismo. In particolare, per quanto riguarda il mondo dell’informazione, non possiamo non rilevare che i numeri dell’hate speech sono aumentati significativamente nell’ultimo anno nei confronti dei giornalisti sportivi. Il tema della tutela della professionalità che si scontra con l’anonimato, inteso come scudo dietro cui gli hater si muovono online fomentando un clima di odio, richiede una profonda riflessione che tenga conto anche di eventuali profili legali per intervenire al fine tutelare la reputazione di chi utilizza i social media”.


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