Le mani del governo sul calcio

Leggi il commento sulla questione dello Stato pronto a controllare bilanci e licenze
Le mani del governo sul calcio© ANSA
Cristiano Gatti
4 min
Fare anche la formazione, perché no: il governo manda la lista il sabato sera e la società esegue. È chiaramente questa l’idea che sta solleticando i poteri della politica. Primo passo smantellamento della Covisoc e creazione di un’Agenzia tutta nuova, molto diversa nella forma e nella sostanza, più nella sostanza che nella forma, perché in questo caso diretta espressione del premier. 
 
Già s’intravede dove vogliano arrivare, non c’è nemmeno bisogno di mettere tanto a fuoco: quel rottame all’orizzonte che inesorabilmente va alla deriva è la gloriosa – troppo spesso vilipesa - autonomia dello sport. Chi vince le elezioni piazza all’Agenzia ometti suoi, come alla Rai, come alla municipalizzata della monnezza, e di fatto decide se i conti delle società vanno bene, se è il caso di mandare ispezioni, se e chi iscrivere ai campionati. Eccetera eccetera. Non fosse un’idea italiana, sarebbe Corea del Nord. In pieno. 
 
Ma ammettiamolo pure: il calcio non ha fatto grandi sforzi per tutelare questa autonomia, per difenderne il valore e la dignità. La stessa Covisoc non ha sempre dato un’idea sublime di sé, un’idea di rigore, di agilità, di efficienza. Molte volte ha dato l’impressione delle tre scimmie, non vedo non parlo non sento. O dei vigili che per evitare rogne si voltano dall’altra parte. 
 
Tutto vero, tutto innegabile. Ma la soluzione non è abolirla. La soluzione è farla migliore. Non si butta via un principio perché il sistema non gira alla perfezione. Non si butta via il bambino con l’acqua sporca. Di sicuro non è geniale allestire un altro blitz invadente della politica e portarsi a casa anche il controllo diretto su un settore così strategico. Non serve essere dei De Coubertin patetici e fuori tempo massimo per difendere la libertà e l’autonomia dello sport: basta capire che la politica non può mettere le mani su tutto, tra parentesi con i suoi modi lievi e discreti, che gli italiani conoscono perfettamente, avendoli provati là dove la politica arriva con untuosi tentacoli. La politica, il governo, lo Stato fanno benissimo, anzi hanno il dovere, di tenere gli occhi aperti sulle regole del gioco: ma non possono giocare in prima persona. 
 
Se non altro, volendoci trovare qualcosa di utile, questo fungo atomico potrebbe servire come elettroshock proprio al mondo del calcio, chiamato in modo brutale a darsi una mossa, a pensare più seriamente, a immaginare una difesa. Non la solita difesa di privilegi e favori, ma di valori vitali. La vera curiosità adesso è solo questa: vedere se e come, davanti all’irruenza del potere politico, le società sapranno scendere in trincea. C’è una linea del Piave da difendere. Come tutti sanno, i presidenti sono molto attivi e ringhiosi quando c’è da spartirsi entrate e diritti, indomiti e implacabili quando si tratta di fracassare arbitraggi. Purtroppo è più difficile immaginarli eroici nel momento in cui li mettono sotto tutela, con amabili metodi vagamente stalinisti. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Serie A, i migliori video