Inter, nella testa di Luciano Spalletti

L'allenatore nerazzurro non sa mediare, non sa filtrare, non sa anestetizzare. Se il problema è piccolo, lo ingigantisce. Se non c'è, lo evoca
Inter, nella testa di Luciano Spalletti© Bartoletti
Giancarlo Dotto
4 min

ROMA - Ritratto di un uomo allucinato e sentimentale. Luciano Spalletti, due mani da contadino, una testa da ossesso e due occhi che bucano il mondo quando non bucano se stesso. M’è capitato una volta di entrare nella sua testa, cinque minuti, quanto basta per sapere che è la più interessante (di gran lunga) tra tutte, fatta eccezione per Bielsa El Loco, altro ossesso mica male. Più di Guardiola, il più intelligente di tutti, ma alla fine banale come tutti i primi della classe, impeccabile anche nella sconfitta e nel male di vivere. Più di Mourinho, l’intelligenza perversa del manipolatore, al netto di un ego paranoico e insaziabile. Più di Klopp, che io amo per quanto include, e mai esclude, intelligenza votata all’abbraccio empatico e alla clowneria. Mille volte più interessante del totemico e monocorde Zeman o del finto serafico Ranieri, uno che comunica cose rassicuranti ma ordinarie, tipo “la minestra è a servita”. Dello stesso Carlo Ancelotti, un contadino pieno di grazia che ha imparato col tempo a stare al mondo e, da mondano, molto meno interessante per l’inevitabile sottrazione di grazia. Più di Conte, non si discute, salentino ossesso sì ma elementare per quanto focalizzato su un unico tema e Fabio Capello che, da quando non è più focalizzato, è diventato uno dei tanti e uno dei tempi. Un affabile viveur. Aspetto con discreta impazienza di entrare nella testa di Sarri.

Parto dall’occhio allucinato di Lucio. La finestra principale per accedere al suo labirinto. Sorgente e fuga allo stesso tempo. Il suo tumultuoso di dentro, corroso dalle ombre, e il suo omerico di fuori, consumato dalla sfida. Lucio sa accettare le sue paure solo trasformandole in coraggio. Combatte i suoi fantasmi solo affrontandoli a brutto muso, a costo di schiantarsi, e qualche volta si dà il caso che siano nemici e bersagli reali. Con Lucio, se l’avete capito, siamo in pieno Cervantes alias delirio. La sua vita, un assalto ai mulini a vento. Che lui, l’hidalgo di Certaldo, trasfigura e ingigantisce, senza nemmeno l’ausilio di un Sancho Panza. Qualche volta hanno la sagoma di sconosciuti gazzettieri, altre volte si chiamano Hulk, Totti, Icardi. E lì sono dolori. Lucio ha una vocazione allo scontro titanico, meglio ancora se da perdente. È andato al massacro con “il Capitano c’è solo un Capitano”, sottovalutando l’idolatria di una città intera. Ha rischiato lo scontro probabilmente definitivo con i vertici dell’Inter, raccontando a modo suo il caso Icardi umiliante trattare con il giocatore per convincerlo a giocare»). Non è da tutti finire in due capitali del calcio come Roma e Inter e finire allo scontro frontale con i due iconici capitani (e le rispettive consorti). Devi essere un kamikaze con una discreta spinta all’autodistruzione. [...]

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La testa di Lucio è unica. Non sa mediare, non sa filtrare, non sa anestetizzare. Se il problema è piccolo, lo ingigantisce. Se non c’è, lo evoca. “Piccolo uomo”? Spalletti non può essere mai piccolo nemmeno quando gli capita di esserlo. Traviato ed esaltato allo stesso tempo dalla sua testa. L’insicurezza, atavica e incomprensibile, coltivata come morbosa coazione, lo spinge al duello sistematico. [...]

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