Lazio, un piccolo argine allo tsunami

Leggi il commento sul momento in casa biancoceleste
Lazio, un piccolo argine allo tsunami© Marco Rosi / Fotonotizia
Franco Recanatesi
4 min
La notizia del prolungamento di Zaccagni mette un piccolo argine allo tsunami, ma pur con la presenza del preziosissimo esterno sinistro, se provo ad immaginare una Lazio senza Felipe Anderson nè Luis Alberto trovo una Lazio grigia, priva di fantasia. Una squadra operaia, magari tosta ma senza lampi di luce. Se poi all’assenza dei due “geni” si aggiunge anche quella di Guendouzi, anche l’aspetto guerresco viene meno e siamo in brache di tela. 

Queste realistiche prospettive rischiano di inquinare non solo la prossima stagione ma anche le ultime sei giornate di quella in corso. Che non sono sei partite banali, ma potrebbero tuttora aspirare - considerato il calendario sulla carta agevole e il passo lento delle rivali - ad un passaporto europeo. Situazione kafkiana: chi annuncia la fine di un rapporto negato da un contratto, chi la fine per esaurimento del contratto, chi malanni forse inventati per nascondere un rapporto stridente con l’allenatore. Altro che traguardo professionale, come sostiene Lotito, pare che il desiderio attuale dei giocatori sia quello di tirarsi fuori da Formello. Ma perché? La genesi del caos risale all’ingaggio di Maurizio Sarri. Attenzione: non a Sarri, ma al momento in cui nella testa di Lotito è maturato il desiderio di affidare la squadra al toscanaccio. Lotito e Sarri sono come la carne col pesce: non c’entrano niente. Fra due personalità forti abituate a comandare non potrà mai esistere condivisione. E infatti: Sarri vuole X e Lotito prende Y. Sarri, poi, impone alla squadra un modulo che i pilastri non digeriscono. Comincia addirittura mettendo in campo Akpa Akpro e Luis Alberto in panchina. Lo spagnolo s’incavola. Immobile non viene più lanciato in profondità. Ciro si illanguidisce. 
Il secondo posto del secondo anno è ingannevole. Lotito incassa i premi Champions e i soldi degli arabi per Milinkovic senza investimenti importanti. Forse per rispetto al suo ruolo di senatore della Repubblica, nessuno gli chiede di mettere in fila le spese sul mercato fino ai 101 milioni da lui dichiarati. 

Ho l’impressione che quando Sarri decide di farsi da parte il presidentissimo si freghi le mani. E ha fretta. Ha fretta di prendere un nuovo allenatore. Sceglie Tudor. Ma senza concedergli il tempo di studiare la squadra. Subito nella mischia. E ancora una volta con una nuova formula di gioco, totalmente diversa da quella sarriana che pure era mal sopportata. Difesa a tre e non a quattro, centrocampo a quattro e non a tre, due trequartisti dietro la punta e non il tridente offensivo. Che confusione! E nuovi mal di pancia, nuove ruggini. Una società compiuta avrebbe già preteso se non la pace un armistizio fra Tudor e Guendouzi. Una società compiuta avrebbe da tempo sistemato il rapporto contrattuale con Felipe, che ora perderà senza alcun beneficio economico. Come Pandev, come tanti altri milioni gettati al vento in passato per eccesso di furbizia. 

Della fragilità societaria sono figli anche gli annunci clamorosi di Luis Alberto e Felipe Anderson. Inopportuni ma sganciati proprio per incompatibilità con il club. Alla fine del campionato sarà necessario ricominciare daccapo, ma per davvero. «Contano le idee, non i soldi», proclamano Lotito e la sua eco Fabiani. Certo. Ma stavolta le idee non basteranno. Specie se portano a due giocatori della squadra ultima in classifica (circolano i nomi di Tchaouna e Dia) e a tale Perkovic, difensore della Dinamo Zagabria. Stavolta le idee dovranno essere ben più ambiziose. L’accoro con Zaccagni è un buon inizio, anche se sarebbe stato opportuno raggiungere la stessa intesa, tempo fa, con Felipe, l’uomo delle 142 partite senza rifiatare. 


© RIPRODUZIONE RISERVATA