Insigne, panchina che vale un addio 

Insigne, panchina che vale un addio © Getty Images
Italo Cucci
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Sembrava una delle più belle partite del Napoli. E, invece, l’Atalanta l’ha mortificato un’altra volta. Poco popolo, al San Paolo, niente Insigne. Panchina-verità. Un evento mediatico e ideologico. Niente di più che un’occasione per registrare gli spiriti, per fare a meno di Lorenzo che non è più cuore napoletano. Napoli c’est fini. Arrivederci a Parì. Me l’ha detto un amico: da quando Lorenzo s’è accasato Chez Raiolà è cambiato, da giocatore e da uomo, e il nuovo manager gli ha suggerito sicurezze nuove promettendogli un posto al Psg, con Marco Verratti. Per ricostruire la coppia del Delfino pescarese, per completarsi insieme come voleva Zeman. Come suggeriva Guardiola. Di Insigne Zdengo ha detto: «Lorenzo è il miglior esterno d’attacco del nostro campionato. Con Sarri ha fatto bene, ma con lui si gioca a un tocco, mentre a Insigne piace saltare l’uomo. Con Ancelotti invece ha qualche libertà in più».
Si, libertà di andarsene. A Parigi? Da chi lo pagherà dippiù. Al sor Carlo, fantasia quadrata, redditizia, il poeta di Frattamaggiore non è mai piaciuto, soprattutto quando s’è accorto che non ubbidiva ai suoi suggerimenti, mica ordini, bonari richiami a non innamorarsi troppo del pallone, di quelle giocate di fino che ormai non vanno più dentro e interdicono anche gli spunti dei compagni. Ancelotti è il frutto del collettivismo emiliano, Insigne il solista di un sogno napoletano esaurito da quando Sarri è andato ad annoiarsi a Londra. Il popolo non protesta, a Napoli i napoletani non fanno fortuna; quando difesi Quagliarella spedito in esilio da uno stalker ma trattato da traditore, fui spernacchiato. E quando si seppe la verità la cerimonia di rimpianto fu puramente formale. Napoli c’est fini. E quando difesi Insigne dalla insensata idea di Benitez di fargli fare la staffetta con Mertens i raffinati perdenti del San Paolo gli dedicarono una dolorosa fischiata per la quale Lorenzo pianse.
Il grande merito di Sarri fu inventarsi Mertens centravanti e Insigne interlocutore ideale. Che bel calcio, che peccato buttarne via i contenuti pratici coi quali, cresciuto a divo europeo Koulibaly, si poteva vincere lo scudetto. Ma intanto Napoli si era ricreduto sul suo figlio e gli aveva restituito lo scettro dell’amore. Quante ne dissero - ricordate? - allo sventurato Ventura che aveva negato a Lorenzo l’ultima, ultimissima partita con la Svezia. E adesso è finita. Lorenzo ha solo colpe. L’ultima? Senza di lui il Napoli avrebbe dovuto vincere. E invece ha perso. Insigne fastidioso anche in panchina. E se ne andrà. Come se ne andó Zapata. Chi l’ha ceduto - dissi con una battutaccia da bar - ha fatto una cazzata. Avanti con la prossima. 


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