Tsitsipas, intervista esclusiva: "Sogno lo Slam e torno tra i Top 5”

Il tennista greco si confessa: "Provo a imparare anch’io da Sinner. Il dritto è il colpo in cui è migliorato»
Tsitsipas, intervista esclusiva: "Sogno lo Slam e torno tra i Top 5”© EPA
Lorenzo Ercoli
6 min

La vittoria su Sinner, il trionfo liberatorio di Montecarlo, il ritorno in Top 10 e ora il sogno Slam. Il mese praticamente perfetto di Stefanos Tsitsipas si può riassumere in quattro passaggi. Il greco dal rovescio a una mano non è solo tennis, è un individuo complesso e talvolta enigmatico, ricco di sfumature. Agli Internazionali d’Italia, dove è stato finalista nel 2022, Tsitsipas è tra i favoriti e con queste attese giocherà anche al Roland Garros. A Parigi proverà a chiudere il cerchio agguantando un titolo Slam sfumato due volte all’atto conclusivo. La perfezione non è un obbligo, Stefanos ha abbracciato questo costrutto e ha aperto un nuovo capitolo della sua vita tennistica. 

L’Italia per lei non è solo il Foro Italico, ma da ragazzo ha giocato sempre tornei da noi. Che ricordi conserva?  

«Come ragazzo adesso sono più determinato e ho migliorato il mio mindset. Rimanere in Grecia al tempo non mi avrebbe aiutato a crescere, trasferirmi in Francia fu importante. Che ruolo ha avuto l’Italia? Da piccolo ho giocato tanti tornei qui e il livello del vostro tennis mi ha aiutato molto. A squadre ho giocato per Galatina (Lecce) e sono ancora in contatto con i ragazzi del team, che in questi anni ho rivisto proprio al Foro Italico. So di avere una famiglia in Italia».  

Pochi mesi fa per la prima volta dopo anni era uscito dalla Top 10, poi ha vinto Montecarlo. La sua felicità quanto è influenzata dai risultati? 

«Se avete visto come mi sono emozionato a Montecarlo potete capire quanto significasse per me. Uscire fuori dalla Top 10 è stato strano. Prima ti senti come il Ceo di un’azienda e all’improvviso torni un dipendente. La Top 10 è un club esclusivo e il valore lo capisci quando non ci sei più. È vero che è solo un numero, ma per noi tennisti significa molto. Spero di fare ancora di più e rientrare tra i primi 5. Ho solo una carriera e voglio sfruttarla».  

Il Roland Garros potrebbe essere il torneo giusto. Si sente uno dei favoriti? 

«Diciamo di sì, però inizio a considerarmi come un potenziale campione quando arrivo in semifinale. Lì inizio ad avere una possibilità di realizzare il mio sogno. Prima ci sono tanti avversari competitivi e penso di partita in partita, non è una frase fatta e credo valga anche per campioni come Nadal». 

A proposito, qui a Roma bagno di folla per l’allenamento con Rafa. Com’è andata? 

«Credo che lui sia ancora in ottima forma e continuo a credere che in partita possa alzare ulteriormente il livello. Giocare con lui è sempre un piacere, sulla terra è il migliore di sempre e mi spinge al limite. In partita? Batterlo è bello, ma anche quando ti “prende a calci” va bene perché ti mostra che c’è ancora da lavorare». 

In Italia il suo match con Sinner è stato molto seguito. Quanto è diverso affrontarlo oggi rispetto alla sfida di Roma 2019? 

«Ho vissuto i suoi progressi giocando nel tour e sono evidenti. In risposta non sbaglia quasi mai, al servizio è più continuo e poi c’è il dritto. Per me è il colpo migliorato più di tutti. Non concede più molte opportunità ed è stato importante per vincere l’Australian Open. Anche io provo a imparare da lui».  

A chi dice che il suo tennis non è cambiato cosa risponde? E al vostro livello quanto sono impercettibili i miglioramenti? 

«Cambiare durante la stagione è rischioso perché nella tua testa sai che pagherà ma in campo non lo percepisci subito. Questo spaventa e la maggior parte dei giocatori tornano a ciò che conoscono meglio. Rispetto al mio arrivo sul tour sono più conservativo e a volte vorrei tornare indietro. Prima nelle giornate buone potevo sorprendere chiunque con la mia aggressività, ma nella giornate no concedevo molto di più. Ora sono più prevedibile, ma anche più continuo. Devo trovare l’equilibrio giusto». 

Cosa le piacerebbe per il futuro del tennis? 

«Mi piacerebbe se i Masters 1000 tornassero alla durata di 1 settimana. Il nuovo format è estenuante, credo sia il motivo per il quale tanti giocatori si stanno infortunando e non voglio trovarmi in questa posizione. Ad eccezione di Indian Wells e Miami, gli altri dovrebbero tornare indietro a prescindere dai guadagni. Non credo che lo spettacolo di Montecarlo sia stato un caso, nei tornei di una settimana il livello è più alto e lo spettacolo è migliore anche per il pubblico». 

Nei momenti difficili cosa si dice per ritrovare il bello del tennis? 

«Quando il tennis diventa troppo ciò che mi ricordo è che è grazie a questo ho potuto costruire due case per la mia famiglia. Sono grato di poter aiutare i miei cari e non solo. In campo gioco per i titoli, è ciò che mi smuove e non voglio sembrare materialista, però anche la parte economica ha un valore. Senza dimenticare la salute. Poter fare beneficenza e cambiare così delle vite è qualcosa che con un lavoro normale forse non avrei potuto fare»


© RIPRODUZIONE RISERVATA