Corriere dello Sport

LIVE

Ecco perché il Napoli di Spalletti è vicino al Milan di Ancelotti

 

A Luciano manca di misurarsi contro uno squadrone europeo in una gara secca. Poi servirà  però aprire un ciclo vincente

Con gli occhi ancora pieni di calcio e di spettacolo, ogni discorso sul Napoli rischia di infilarsi fra gli eccessi di euforia. Ciò che abbiamo visto a Francoforte e prima ancora ad Amsterdam e al Maradona col Liverpool spinge davvero in una direzione che porta lontano anche dai sogni. Però un paio di domande possiamo farcele fin da adesso per immaginare (solo immaginare, niente di più) il futuro di questa squadra. Per esempio cosa manca al Napoli attuale per essere paragonato alle grandi italiane che hanno dominato, ciascuna a modo suo, in Europa? E l’altra: questo Napoli può davvero aprire un ciclo italo/europeo come l’Inter di Herrera, il Milan di Sacchi e il Milan di Ancelotti? 

Fra le grandi

Per entrare come rappresentante italiana nell’Olimpo del calcio europeo a questa squadra fantastica e fantasiosa, dotata di forza e di talento, di testa fresca e di gamba robusta, manca un ultimo passaggio: il confronto diretto con una delle migliori formazioni d’Europa, manca una sfida da dentro o fuori col Real Madrid, col Manchester City, col Psg o col Bayern Monaco. È la verifica che aspettiamo con animo speranzoso, convinti che il duello potrà stabilire definitivamente la sua già oggi straordinaria dimensione.  
Se pensiamo alla partita di Francoforte, ma anche a quelle del girone iniziale, si capisce quanta sia stata eccessiva la differenza fra le due squadre, quella differenza che potrebbe risultare determinante quando si alzerà il livello della contesa. Oggi il Napoli è la squadra più sorprendente della Champions. Del Manchester City di Guardiola si conosce tutto, come del Real Madrid di Ancelotti e del Bayern Monaco di Nagelsmann. Hanno uno stile di gioco consolidato, mentre il Napoli riassume, sintetizza e al tempo stesso esalta più di uno stile, più di un modo di giocare.  
Il fattore-sorpresa può diventare determinante. Per restare alla gara con l’Eintracht, che gli azzurri stavano dominando anche in parità numerica, la scelta della squadra di casa era il contenimento, due linee, una di cinque, l’altra di quattro uomini, per ripararsi dall’ondata napoletana. E l’Eintracht ha perso. Anzi, è stato annientato. Ma se avesse scelto invece di giocare a viso aperto, molto probabilmente sarebbe finita allo stesso modo. Oggi, in Italia e in Europa, non è stato ancora scoperto l’antidoto per il Napoli.

Il ciclo

L’Inter di Helenio Herrera iniziò a vincere nel 62-63 e smise nel 65-66, quattro anni con 3 scudetti, 2 Coppe dei Campioni e 2 Coppe Intercontinentali. Vinceva e dominava in Europa con una difesa di ferro e col talento dei suoi attaccanti, a cominciare da Sandro Mazzola.  
Il Milan di Sacchi durò lo stesso numero di anni, lo scudetto nell‘87-88, 2 volte la Coppa dei Campioni, due volte la Coppa Intercontinentale, due volte la Supercoppa d’Europa, una la Supercoppa Italiana. Arrigo conquistò l’Europa e poi il pianeta col suo calcio totale, aggressivo, fisico e ricco di campioni.  
Infine il Milan di Ancelotti che si è protratto più a lungo nel tempo grazie a svariati e azzeccati ritocchi, con uno scudetto, una Coppa Italia, una Supercoppa Italiana, due Champions League, una finale di Champions League, due Supercoppe d’Europa, una Coppa del Mondo.  
Sul piano della qualità pura è questa la squadra a cui il Napoli di Spalletti si avvicina di più. Ancelotti aveva riempito il Milan di numeri 10 (Pirlo, Seedorf, Rui Costa tutti insieme) e il Napoli di oggi ha perfino un terzino che ha il tocco del 10, Di Lorenzo (riguardare e rimirare l’assist per il palo di Lozano e il colpo di biliardo di sinistro per il 2-0). La domanda era se il Napoli può aprire un ciclo come questi suoi grandi predecessori. Può farcela solo a un paio di condizioni: che Spalletti resti ancora per qualche anno sulla panchina e che De Laurentiis, sempre per due o tre anni, non ceda alle lusinghe che arriveranno per i suoi campioni, ma segua la linea di Angelo Moratti e Silvio Berlusconi. Può anche darsi, come ha detto il presidente, che gli allenatori non sono tenuti a conoscere tutti i giocatori del mondo, ma di sicuro lui ha un allenatore che tutto il mondo gli invidia. 

Corriere dello Sport in abbonamento

Insieme per passione, scegli come

Abbonati all'edizione digitale del giornale. Partite, storie, approfondimenti, interviste, commenti, rubriche, classifiche, tabellini, formazioni, anteprime.

Sempre con te, come vuoi